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Craxi: quale eredità?

A venti anni dalla scomparsa riproponiamo un saggio del Direttore di Real Inside Magazine

La tomba di Bettino Craxi al cimitero cristiano di Hammamet

Stefania Craxi, figlia dell’ex presidente del consiglio Bettino Craxi, ha così parlato ai giornalisti al margine della commemorazione che si è tenuta in occasione del decennale della morte del padre nel piccolo cimitero cristiano di Hammamet: “La figura di Craxi fa parte a pieno della storia positiva della repubblica italiana piaccia o non piaccia a qualche spregiudicato provocatore”.

Centinaia le persone, provenienti da tutta l’Italia, che hanno preso parte all’evento organizzato dalla Fondazione Craxi, presieduta dall’energica Stefania Craxi, sottosegretario agli esteri dell’attuale governo. Questo decennale segna uno spartiacque nella storia di Bettino Craxi, ma anche nella storia d’Italia, un paese che sa essere molto servile ma nella stessa misura poi crudele con i suoi leader. Sarebbe sbagliato parlare di rivalutazione o riabilitazione di Craxi. No. Si è semplicemente ristabilita la verità, una verità storica e politica che pesa come un macigno sulle spalle di chi per tanti anni, ed ancora oggi senza pudore, ha raccontato delle falsità. La Fondazione Craxi per l’occasione del decennale ha organizzato un viaggio ad Hammamet. Io, insieme ad un amico, ho deciso di prendervi parte e di raccontare le percezioni e le emozioni vissute in tre giorni particolarmente intensi. 

L’incontro per tutti i partecipanti è fissato per le ore 9 a Fiumicino. Siamo tra i primi ad arrivare io e il mio amico Giovanni, in un freddo venerdì romano. Dopo pochi minuti ecco arrivare sempre più persone. Ci accorgiamo, noi che siamo poco più che ventenni, di essere circondati per la maggior parte da persone di mezza età, in passato in qualche modo legati a Craxi e alla sua famiglia. Comunque si tratta ovviamente di moltissimi ex militanti del PSI (oggi la gran parte elettori del PDL) degli anni settanta – ottanta.

A dieci anni dalla scomparsa, e a quasi venti dal tramonto politico di Craxi e del PSI, questo pellegrinaggio, che si materializza ogni anno per la commemorazione sulla tomba dell’ex presidente del consiglio, testimonia il desiderio di questa gente di poter rivendicare con orgoglio, e senza remore, il loro attaccamento nei confronti di un leader politico indiscutibilmente carismatico come Bettino Craxi.

E’ un vero e proprio pellegrinaggio, con i suoi momenti liturgici scanditi da tempi religiosi, che si consuma ogni anno, da dieci esattamente, quanti sono gli anni che ci separano dalla scomparsa di Bettino. 

L’arrivo all’aeroporto di Tunisi avviene dopo poco più di un’ora di aereo. Ci aspettavamo un clima favorevole ma siamo subito delusi perché ad accoglierci c’è una temperatura di quattordici gradi, poco in più rispetto all’Italia. Il momento comunque più importante di questo pellegrinaggio, in cui non mancano mini-tour e momenti di relax nella terra così tanto amata da Craxi, è sicuramente la commemorazione sulla tomba dell’ex presidente, anche se questo anno a precedere questo evento è stata la visione di un documentario sull’esilio del leader socialista.

Mentre ad Hammamet, dunque, si celebra il capo, in modo pacato e mai ostentato, e si ricorda il passato glorioso di un uomo politico che ha reso grande come non mai il PSI nella sua storia, in Italia alcuni continuano ad infangare il suo nome, la sua famiglia e la figura del Craxi statista. In un video-editoriale il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, con non poco coraggio, ha parlato di Craxi come “capo espiatorio”.

Tuttavia mi spingerei oltre, con ancora più veemenza, nel descrivere e sintetizzare l’azione giudiziaria perpetrata nei confronti di Craxi. La sua tomba, vergognosamente, è stata simbolicamente usata da nemici e non pochi ex amici, come la pattumiera dell’Italia, la discarica per ogni rifiuto e male, senza esclusione per quelli più tossici. In Italia sembra essere sempre e comunque colpa di Bettino. Berlusconi, Di Pietro, il debito pubblico e perfino la dilagante immoralità e il diffondersi di molti malcostumi, secondo questa visione distorta della storia, sono tutti “figli generati” da Craxi. Come a cancellare in un botto l’egemonia politica della DC per tutta la seconda metà del Novecento e quella culturale, che ancora oggi sopravvive, del PCI.

La necessità di stabilire la verità, dunque, e di favorire una lettura storica priva di strumentalizzazione politica, si associa alla consapevolezza che è giunto il momento, in questo paese, di non dogmatizzare e mitizzare oltremodo alcuni delicati momenti della nostra storia (il caso della Resistenza docet) e ci spinge, o almeno dovrebbe, a guardare alla storia di Bettino Craxi con maggiore lucidità. Una lucidità resa ancora più urgente ed indispensabile dalla volontà di stabilire la verità storica. 

A dieci anni dalla morte di Bettino Craxi un cosa è certa e indiscutibile: l’onda giustizialista che travolse l’Italia nei primissimi anni Novanta non ha salvato e minimamente migliorato il nostro paese anzi ha aggravato la crisi ed aumentato il senso di sfiducia dei cittadini italiani nei confronti dei partiti e della politica in generale. Tangentopoli è stata un’iniziativa giudiziaria che lo stesso Craxi definì necessaria nel suo complesso ma che finì per l’essere abilmente manovrata da una parte politica con lo scopo di scardinare, e per sempre esautorare, i protagonisti della prima Repubblica. Faccio parte di quella generazione (classe 1986) che ha assistito agli ultimi respiri sofferti della prima Repubblica e che ha visto nascere la seconda sotto auspici non proprio ben auguranti: mani pulite, crisi delle istituzioni, l’uccisione di Falcone e Borsellino e il “processo del secolo” alla sfinge della politica italiana, il senatore a vita Giulio Andreotti.

La storia della prima Repubblica è stata demonizzata e tutti i suoi protagonisti annientati. Si sono salvati, per così dire, da questa “pratica persecutoria” quelli morti tragicamente, come Moro e Berlinguer. La tendenza è quella di commemorare e rivalutare le qualità dei politici una volta morti. Ecco che a distanza di dieci anni la figura di Craxi è oggetto di una nuova lettura da parte anche di ex nemici. Siamo in attesa quindi di sapere quale sarà la posizione del PD a riguardo. 

I miei primi ricordi politici, dunque, risalgano al periodo di tangentopoli. Ho sempre pensato male di Craxi. A Napoli, nella mia città, il leader socialista veniva definito “l’omm e’ nient” ovvero l’uomo di poco conto. Solo più tardi, con lo studio personale, ho compreso che la “vicenda craxiana” è più complessa di quella che mi appariva. Soprattutto mi propinavano, in taluni ambienti formativi, una cultura tutta incentrata alla denigrazione politica ed umana di Craxi, le cui vicende giudiziarie, ma prima di tutto la cui storia politica, meritano oggi una lettura più complessa. Craxi ha incarnato un mal costume della politica italiana che senz’altro doveva essere eliminato ma non è stato certo il solo a ricorrere alla pratica del finanziamento illecito o “illegale” del partito, come lui stesso pronunciò nel famoso discorso alla Camera nel 1992.

Il PSI, il suo segretario e i suoi massimi esponenti hanno pagato di più rispetto agli altri partiti: questo non si può negare. Uno zelo persecutorio contro Craxi e i socialisti che non trova spiegazioni logiche (ribadisco: lo zelo e la persecuzione, non di certo i capi d’accusa che erano assolutamente fondati), se non l’adempimento di una logica politica che mirava alla distruzione di simboli, partiti e protagonisti della prima Repubblica, uno zelo venuto meno, però, quando si è trattato di indagare sul PCI che riceveva oscuri finanziamenti dall’URSS. In un tentativo di ristabilire dunque la verità storica va chiarito, prima di ogni cosa, questa enorme bufala della latitanza, sulla quale tra l’altro è basato oggi il teorema dell’anticraxsismo militante di matrice dipietrista e non solo.

Craxi è stato un rifugiato politico, che ha trovato ospitalità in Tunisia, un paese amico dell’Italia, perché oggetto di una persecuzione giudiziaria. Questa è storia. Se fosse stato un latitante, le forze dell’ordine avrebbero dovuto raggiungere Craxi ovunque si trovasse. 

Pensandoci, a volte, mi rendo conto delle enormi contraddizioni che esistono nel nostro paese. Le cronache giornalistiche ogni giorno ci informano di assassini scarcerati e pene irrisorie per reati gravissimi però abbiamo lasciato che Craxi restasse in esilio in Tunisia.

Certo è morto ad Hammamet per sua volontà ma il clima in Italia nei suoi confronti è stato simile a quello promosso dai giacobini nei confronti dell’aristocrazia al tempo della Rivoluzione francese. Accusato del più noto dei peccati politici, quello della ruberia, Craxi ha avuto anche grandi colpe ma non meno rispetto a quelle di molti altri: il punto è che doveva essere processato e bandito il sistema non il personaggio.

Quindi quella che si preannunciava una svolta storica si è rivelata un’ennesima presa in giro per gli Italiani. La vicenda si è conclusa e quella necessità di riscrivere le regole che determinano il finanziamento dei partiti è passata in secondo piano. L’eroe di mani pulite, l’on. Antonio Di Pietro, falso mentore dell’onestà e della trasparenza, integerrimo magistrato giustizialista del pool “mani pulite” si ostina, ancora oggi, ad offendere la memoria del “Cinghialone”, come Feltri definì Bettino Craxi. Di Pietro è addirittura caduto nello stesso sbaglio che ha rappresentato il nucleo della sua accusa ai tempi di mani pulite: la gestione personalistica e poco trasparente del suo partito.

Infatti è stato al centro anche lui di un’inchiesta giornalistica condotta da Il Giornale che ha attaccato pesantemente Di Pietro evidenziando che anche l’ex pm non ha le carte in regole per eleggersi simbolo del giustizialismo e della resistenza antiberlusconiana, anticraxiana ma direi “antitutti” in Italia. Fessi e contenti dunque: ecco come sono stati ripagati gli Italiani. Convinti che l’esilio di Craxi fosse la giusta soluzione e il dovuto risarcimento a quanto accaduto. 

Ritengo, tuttavia, che il miglior modo per onorare oggi lo statista socialista in questo paese sia quello di poter raccontare gli aspetti fondanti del modernismo politico di cui fu interprete Craxi negli anni ottanta. L’ex presidente del consiglio è stato un uomo di potere che combatteva l’arroganza e l’indifferenza della politica nei confronti dei cittadini. A Craxi si deve il governo più duraturo della prima Repubblica, la cultura della stabilità governativa e del decisionismo politico, tutti elementi poi che sono coincisi con un periodo di vitalità, slancio culturale ed ottimismo economico nel nostro paese, nonché di grande peso sulla scena internazionale. Craxi è stato un fermo oppositore dell’immobilismo, delle lentezze burocratiche e della rigidità delle istituzioni. C

ome ha osservato il ministro degli esteri Franco Frattini, ancora oggi si riflette sulla proposta di riforma costituzionale avanzata da Craxi per modernizzare il sistema paese. Tuttavia il vero capolavoro politico di Craxi è stato quello di spezzare, con un partito del dieci per cento, il duopolio politico DC-PCI che aveva spadroneggiato in Italia sin dalla costituente. Come oggi succede a Berlusconi, Craxi non è mai stato battuto politicamente ma abbattuto da alcuni poteri forti che hanno avuto un ruolo principale nella storia del nostro paese.

Craxi è stato un socialista puro ma fermo e convinto anticomunista, forse più di molti democristiani. Le ragioni di questa storica lontananza politica tra il PCI e il PSI, tra Berlinguer e Craxi, è ascrivibile a questa affermazione del leader socialista: “Fra comunismo leninista e socialismo esiste una incompatibilità sostanziale che può essere sintetizzata nella contrapposizione tra collettivismo e pluralismo. Rispetto alla ortodossia comunista, il socialismo è democratico, laico e pluralista. Leninismo e pluralismo sono termini antitetici: se prevale il primo, muore il secondo”.

Al centro Ferid, il ristoratore amico di Craxi

Nel mio soggiorno ad Hammamet ho cercato i luoghi e le persone dove e con cui Craxi passato il tempo del suo esilio. Certamente la gran parte di questo tempo l’ha trascorso nella sua villa. Una dimora al centro delle fantasie dei suoi accusatori: spesso descritta come faraonica, tanto da far parlare di “un esilio dorato”. Balle. Una dimora concepita come casa di vacanza, priva dei lussi e delle sfarzosità tanto paventati da alcuni giornalisti all’epoca di tangentopoli. Ricordo, comunque, una testimonianza diretta di chi ha frequentato Craxi in quei anni: l’amicizia che l’ex presidente intratteneva con Ferid, proprietario del ristorante “Chez Achour”, vicino alla Medina di Hammamet.

Io ed il mio amico Giovanni, una volta entrati nel ristorante, chiediamo del proprietario che nonostante il caos di questi giorni, per l’andirivieni di molti turisti italiani, ci concede un’intervista. Le mie domande sono tutte incentrate sullo stile di vita di Craxi negli ultimi tempi della sua vita. “Veniva qui per un’insalata e un po’ di pesce fresco” afferma Ferid che lo descrive come un uomo semplice e generoso nei confronti dei più deboli e dei bisognosi, a molti dei quali non ha mancato di offrire un aiuto concreto. Ferid e Bettino erano amici dal ’73, si conoscevano bene.

Craxi frequentava il ristorante anche per il piacere della compagnia. Ferid ci riferisce che si iniziava con argomenti inerenti il villaggio ma poi si finiva per parlare sempre dell’Italia: già del suo paese. Mi ha colpito che il ristoratore non ha mai riferito che Craxi parlasse dei singoli ma nel ricordare le sue disavventure giudiziarie parlava della magistratura in generale. Senza mai denigrare i nemici, gli accusatori.

Craxi quindi mostrava una certa tolleranza e non profondo odio verso gli accusatori, capendo che andava riformato il sistema più che diffamare alcuni magistrati. Una visione che manifesta chiaramente il senso dello Stato di Craxi: capace di guardare al bene del paese piuttosto che a quello suo personale, anche essendo un esiliato. L’esatto contrario di quanto hanno fatto i magistrati di mani pulite, che hanno finito per perseguitare oltremodo i politici piuttosto che pensare a scardinare il sistema. “Craxi è sempre stato un grande nazionalista, mi ha sempre consigliato di comprare prodotti italiani. Mi diceva che molti in Italia lo odiavano, ma quando veniva qui al ristorante e c’erano degli Italiani era per tutti il presidente. Craxi sapeva che c’era una parte d’Italia che lo amava: questa speranza lo portava avanti” riferisce commosso Ferid. 

Oggi Craxi dovrebbe essere guardato con rispetto da chi ha tratto benefici diretti durante gli anni del suo governo. E’ nota la posizione di Craxi durante il rapimento di Aldo Moro. Il leader socialista si oppose alla linea della fermezza, come tutti sanno. Inoltre consentì agli ex comunisti di entrare nell’Internazionale socialista nel 1992. Un fatto che forse quasi tutti gli ex fingono di dimenticare. Sono però molti altri ancora che hanno goduto delle politiche di governo di Craxi. Faccio riferimento agli europeisti, ai ferventi cattolici, agli imprenditori, ai sindacati liberi dei lavoratori e agli ambientalisti.

Craxi fu promotore a Milano, durante un Consiglio europeo nel 1985, di quello che due anni dopo entrò in vigore come l’Atto unico europeo, che fu la prima sostanziale modifica al Trattato di Roma e che prevedeva l’abbattimento delle barriere doganali, l’aumento del potere del consiglio europeo e l’accrescimento del ruolo del Parlamento europeo. Craxi, opponendosi alla Thatcher, sostenne ed introdusse per la prima volta il voto a maggioranza contro quello all’unanimità.

Ancora Craxi fece molto per la Chiesa cattolica, forse molti di più di alcuni esponenti della DC. Basti pensare alla revisione del Concordato del 1984. Da allora la santa sede, ma anche altre organizzazioni religiose che godono dell’Intesa con lo Stato, è finanziata con l’8 per mille del gettito dell’Irpef. Un attenzione di riguardo, mi pare. A questa breve sintesi, che ovviamente è incompleta, dei meriti politici di Craxi va aggiunto il taglio alla scala mobile nel 1984 con cui fu combattuta l’inflazione e le politiche sociali a contrasto della disoccupazione. Con non poca lungimiranza politica e culturale, quasi prevedendo un tema politico centrale del mondo globalizzato di oggi, istituì il ministero dell’Ambiente per la tutela del nostro patrimonio naturale e paesaggistico, contrastando l’inquinamento.  

E’ necessario ancora sgomberare il campo da ogni tipo di dubbio sulla consapevolezza della famiglia Craxi, e ovviamente anche mia personale e di molti ex socialisti, degli errori commessi dall’ex presidente del consiglio. Stefania Craxi, in un’intervista al Corriere della Sera a firma di Aldo Cazzullo, ha affermato: “In quel clima di intimidazione, era facile commettere errori. E anche lui ne commise. Il finanziamento illegale genera corruzione; e il suo vero errore fu non accorgersi di quanto fosse cresciuto il livello di corruzione nel partito.  […] Per lui il denaro era un’arma per la politica, anche per fronteggiare il PCI, finanziato da una potenza nemica”. Incombe, però, puntuale quando si parla di Craxi, il presunto “tesoretto”. Stefania Craxi ha precisato, ancora una volta, che esistevano dei conti esteri ma erano del partito, e il padre non si è mai occupato di questa faccenda. 

In conclusione vanno ricordate le sagge parole espresse nella lettera del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano indirizzata alla moglie di Bettino, Anna Craxi: “Voglio esprimere la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente”. Il presidente Napolitano, il cui pensiero su questa tema era particolarmente atteso, ha parlato dell’ “l’impronta non cancellabile” che ha lasciato Craxi nella storia della nostra nazione. Molto incisivo è stato il passaggio in cui il presidente Napolitano ha affermato che “non può venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell’onorevole Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico”.

Al termine del suo intervento il Presidente della Repubblica sostiene che su Craxi si è abbattuta una durezza senza eguali:  “Non si può dimenticare che la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo – nell’esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell’onorevole Craxi – ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il diritto ad un processo equo per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea”.  

Il giorno della commemorazione con Stefani Craxi

Sergio Romano, inoltre, insigne storico ed editorialista del Corriere della Sera ha affermato: “Vi sono molti italiani per cui il caso Craxi è ancora, e deve restare, esclusivamente giudiziario. Pensano che non abbia senso chiedersi se abbia avuto e quali siano stati i suoi meriti politici. Ritengono che le condanne, nei due processi in cui fu imputato, contino più di qualsiasi altra considerazione. Credo che commettano un errore. Non possiamo ridurre la vita di Craxi al suo epilogo giudiziario senza rinunciare a comprendere un intero periodo della storia nazionale. Craxi fece in quegli anni alcune battaglie politiche. Ignorarle significa implicitamente dare partita vinta ai suoi avversari. Piaccia o no Bettino Craxi va discusso e giudicato, anzitutto, sulla base dei suoi programmi e delle sue iniziative”. 

L’intento, dunque, con il quale è stata elaborata questa riflessione non è certo quello di ritenere esauriti gli studi e le ricerche storiche sul lungo e complesso periodo in cui Craxi ebbe un ruolo di primo piano nella vita politica del nostro paese. Tantomeno si tratta di una celebrazione nostalgica e retorica del leader socialista; o ancora un esauriente profilo storico sulla figura del leader milanese. Niente di tutto questo. Quelli che oggi intendono rendere giustizia alla memoria di Craxi sono fieri promotori non di una nemesi della storia ma altresì difensori di una ragionevole verità necessariamente da condividere e promuovere.

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Scritto da Alessandro Iovino

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