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Festival di Sanremo: 70 anni portati male

La mia opinione di quello che è accaduto in questi giorni e di buono c’è davvero poco.

L’ho cercata a lungo, con insistenza e a tratti disperatamente ma non sono riuscito a trovarla. Mi correggo, ne ho trovata pochissima, era pura, di qualità fatta bene ma era poca. Davvero poca.
Non sto parlando di qualche materia prima o “sostanza” di qualche tipo, parlo della Musica Italiana, quella con la M maiuscola, quella che ti fa “volare”.

Non ho visto molte edizioni del Festival di Sanremo, la più importante manifestazione musicale italiana. Sulle sue 70 edizioni ne avrò viste poco più di 20 ma se dovessi rappresentare con un grafico il livello in generale del festival potrei disegnare un trend in discesa.

Perché accade questo? Cosa è successo alla più importante manifestazione musicale italiana? Niente di particolare: continua ad essere la fotografia del nostro paese, una foto fedele. Purtroppo.

Tutta quella grande quantità di buona musica italiana di qualità che ingenuamente mi aspettavo quest’anno e che non ho trovato è stata sostituita da tante altre cose che purtroppo non hanno riempito quel vuoto: Trucco esagerato, lifting, goffagini, banalità, apparenze e tante altre cose che vorrebbero far sembrare una settantenne più giovane di quella che è rendendola in realtà sfigurata, brutta e triste nell’animo perché non è più quella di una volta e non lo sarà mai più.

Diodato. Il vincitore della 70^ edizione del Festival di Sanremo
Purtroppo io ho visto questo.

Viviamo nell’epoca in cui ci fanno pericolosamente credere che un “successo” sia semplicemente essere abili a far parlale di noi nel bene o nel male. Questo è confondere il successo con la “fama”. Quest’epoca in cui ogni cosa è manovrata dai soldi, dai cachet da capogiro e dal tentare di uscire fuori da qualche regola senza curarsi di quanto ci si renda ridicoli.

Si urla alla genialità di taluni personaggi che escogitano stratagemmi disonesti per la propria visibilità personale.
Vedi Morgan che è riuscito benissimo a far parlare di se e farsi definire genio da chi purtroppo dimentica cosa vuol dire la vera genialità.

Dov’è finita la canzone italiana? Quali esempi dovrò usare quando vorrò insegnarla a mio figlio. Cercherò di coprire questi anni bui e tetri per il mondo artistico e musicale italiano. Scaverò nel passato quando sul palco si spaccava davvero con sudore e bravura; quando ci si arrivava carichi non per qualche striscia di cocaina ma per l’emozione adrenalinica di fare MUSICA davanti a tutti, di comunicare al mondo qualcosa e farlo bene. Come si deve. Come Dio comanda.

Lasciando stare tutte le vicende relative alle conferenze stampa dei giorni che lo precedevano è stato più che mai il Festival del “glam”, degli #hashtag che fanno incrinare amicizie che solo apparentemente si risolvono con bacetti sulla bocca. È stato anche il festival dei testi delle canzoni che vengono cambiati senza pudore e strumentalizzati per infangare un rivale davanti a tutti, senza curarsi di ciò che questo avrebbe potuto scatenare. Le questioni si risolvono dandole in pasto alla stampa senza avere il coraggio vero e il carattere di farlo in privato.

Non è stato il festival dell’amicizia. Quella, nel mondo dello spettacolo, è andata a farsi friggere da tempo immemorabile.

È stato il festival delle liti e dei “morsi”, degli sputi prima di salire sul palco, tutto in nome del fatto che nel bene o nel male si parlerà di noi. Quando succedono queste cose nessuno lo dice ma gli artisti lo sanno. Vivono di questo e non di altro.

È stato il Festival delle grandi discrepanze economiche di chi lavora tanto ed è sottopagato e chi non conosce senso di pudore e rispetto nel chiedere cifre da capogiro per performance quasi inesistenti. È stato anche il festival della Teologia. Sì, avete letto bene. Un Festival che oltre a portare male i suoi anni si trasforma anche un pò in teologo insegnante della Bibbia, una Bibbia naturalmente alterata, ridicolizzata, strumentalizzata, esposta in modo errato e scorretto in nome sempre della dea “Fama” e del dio “Denaro” che regnano su questo palco come nel resto di questo ambiente.

Uno dei momenti più chiacchierati del Festival: Bugo sta per abbandonare il palco durante il suo brano con Morgan

Tra un articolo, un post, un video, una conferenza stampa e tutto quello che darà da lavorare ai giornalisti da oggi e per alcuni giorni, mi rimane un amaro in bocca. Quello che hai quando cerchi qualcosa di prezioso e non lo trovi; qualcosa di importante, che fa parte di te ma che è stato maltrattato, strumentalizzato, trasformato e messo da parte facendo spazio a una brutta copia che viene spacciata per l’originale che invece è nello scantinato. Un’immagine triste vero?

Il Festival andrebbe CHIUSO per qualche anno. Una pausa farebbe bene. Mandiamo un pò a riflettere chi per anni lo ha reso così.

Torniamo a fare scuola di arte e musica come si deve. Torniamo ad imparare come si fa ad essere artisti e riprendiamoci quello che SIAMO: Un grande paese. Un popolo che ha insegnato l’eleganza, la cultura, la professionalità, la serietà nel fare qualcosa e l’originalità creativa nel proporre un determinato mestiere.

Una spettacolare prospettiva del palco e orchestra di questa 70^ edizione

Gli sputi, i morsi e i sabotaggi, le uscite di palco imbarazzanti e le entrate ridicole, le teologie improvvisate, fuori luogo e strapagate: quelle sì che dovrebbero rimanere nel dimenticatoio e in uno scantinato chiuso a chiave.

#RiprendiamociSanRemo.

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Scritto da Ludovico Albano

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