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Aggiornamenti Coronavirus e previsioni non esaltanti per l’Italia

I numeri di questa epidemia

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (dati al 15 febbraio), sono 57.972 i casi confermati di soggetti ammalati di Coronavirus a livello globale, di questi 57.416 sono cinesi. 

In Cina, stando ai dati del China’s National Health Council, sono 1.665 i decessi finora avvenuti (142 solo nella giornata di sabato 15 febbraio) e 9.419 i casi di guarigione.

Le province più colpite sono: Hubei (56.249 casi, 5.623 guarigioni e 1.596 decessi), Guangdong (1.294 casi, 413 guarigioni e 2 decessi), Henan (1.231 casi, 397 guarigioni e 13 decessi), Zhejiang (1.162 casi, 427 guarigioni e nessun decesso) e infine la provincia di Hunan (1.004 casi, 430 guarigioni e 3 decessi). 

Si è registrato il primo decesso in Europa (Francia), a Taiwan e in Africa (Egitto). Proprio quest’ultimo caso desta maggiori preoccupazioni ad oggi a causa della scarsa preparazione, sanitaria ed economica, dei Paesi africani.

Al momento, se guardiamo i dati (a livello globale e cinese) dell’healthcare, beni di consumo, servizi, industria, trasporti, costruzioni e utilities assistiamo, dopo un importante calo dei giorni scorsi, ad un certo assestamento che non sappiamo quanto potrà durare perché le notizie che ci giungono da più parti non sono rasserenanti: manifestazioni fieristiche annullate in Cina, presenza alle fiere italiane dei buyer cinesi in forse e in qualche caso addirittura già annullate, imprese ancora chiuse, difficoltà per le altre che lavorano con i componenti cinesi a svolgere le normali attività, banconote che vengono messe in quarantena e così via. 

Insomma, il panico ormai è evidente. Basta leggere anche il pensiero di molti esperti di economia e finanza sui social e sulle pagine di giornale per capire che non ci si attende nulla di buono. 

Dando uno sguardo ad alcuni dei principali indici poi, nella settimana che si è appena conclusa, l’Eurostoxx 50 ha guadagnato l’1,26% (stessa % da inizio anno), il FTSE MIB l’1,47% (da inizio anno il 4,32%), l’S&P500 lo 0,84% (il 3,75% da inizio anno), il NIKKEI è rimasto in pratica invariato nel corso di questa settimana ma ha guadagnato il 2,08% da inizio anno mentre Shanghai questa settimana ha messo a segno un + 0,92% (grazie anche agli stimoli sopraggiunti dalle autorità cinesi) ma ha perso il 5,45% da inizio anno.

La settimana scorsa è stata segnata anche da altri due avvenimenti degni di nota e tutti riguardanti il nostro Paese: stima di crescita della Commissione Europea e il calo demografico.

In merito al primo punto, per la Commissione l’Italia non supererà lo 0,3% di crescita nel 2020 a fronte di una crescita media prevista per l’Europa dell’1,4%. Dato mortificante se si considera che addirittura è stata ulteriormente abbassata la già brutta stima dello 0,4% del novembre scorso. 

Se guardiamo i dati contenuti nella tabella ufficiale della Commissione Europea possiamo vedere come l’Italia sia fra i pochi a non aver avuto un buon ritmo di crescita nel corso degli ultimi 9 anni. Fra il 2011 e il 2015 peggio di noi aveva fatto la Grecia con una decrescita del 3,9%, Cipro (-1,6%) e Portogallo (-0,8%). Tre Paesi che poi hanno conosciuto una crescita notevole negli anni successivi sino ad arrivare alla previsione, da parte della Commissione, per il 2020 di una crescita per la Grecia del 2,4%, Cipro del 2,8% e del Portogallo dell’1,7%.

Certo, la congiuntura generale non è facile, piena di incertezze e nuovi rischi come il Coronavirus. Se vediamo la tabella, Francia e Germania sono al penultimo posto della classifica con una stima di crescita pari all’1,1%. Però cresceranno (?) dello 0,8% in più rispetto a noi e questa crescita si accumulerà a quella degli anni precedenti che noi non abbiamo colto appieno.

Aggiungiamo a tutto questo, poi, anche l’altra notizia emersa dall’Istat secondo cui la popolazione residente in Italia continua a diminuire – meno 116 mila persone su base annua a gennaio – con un progressivo ampliamento del saldo negativo tra nascite e decessi. Nel 2019, infatti, sono nati 67 bambini ogni 100 persone decedute. Solo dieci anni fa, il rapporto era quasi alla pari, 97 a 100. Insomma non proprio un elemento di second’ordine se consideriamo la struttura della nostra società e della nostra economia.

Quindi, come potete vedere, sono molti gli ingredienti (temi) a disposizione del cuoco (governo) per cucinare (fare le riforme o almeno non fare polemica e lavorare) un bel piatto di pasta e fagioli (far lavorare gli italiani, soprattutto i ragazzi, e mettere nelle loro tasche del reddito, nella loro testa voglia di fare e soddisfazione e nel loro cuore serenità ed entusiasmo). Capisco infatti l’importanza della prescrizione, soprattutto in ottica di attrazione investimenti e crescita PIL, e sono di base contrario a modificarne aspetti che ricadrebbero in maniera negativa sugli imputati e sull’economia, ma non è possibile che questa polemica abbia trovato così tanto spazio nel dibattito dei giorni scorsi a differenza di questi altri due temi che sono al momento più urgenti da gestire perché riguardano il vero rilancio del Paese. 

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Scritto da Vincenzo Lettieri

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