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Sanremo, lo showbiz. Gli ingranaggi di una macchina imponente.

Proviamo a fare luce e ricordare quello che gira intorno ad eventi importanti e redditizi come il Festival di Sanremo

Non ce l’abbiamo fatta. È questo probabilmente ciò che risponderei alla domanda: “Come è andato il Festival della Canzone Italiana in questo 2021?”.
Risponderei con quella consapevolezza di chi ha avuto una strana e sinistra sensazione: quella che ti fa accorgere dell’esistenza di una posta in gioco molto più importante delle sole canzoni.

La Canzone Italiana, quella che ha fatto scuola in tutto il mondo ispirando tutti i più grandi artisti facendoli spostare fin qui da noi per impararla e tentare di emularla, ha ancora un Festival: si chiama il Festival di Sanremo.
Non ne esistono altri in Italia che dovrebbero/potrebbero rappresentare meglio la musica Italiana.

Eppure i primi anni del Festival, quelli si che erano veri e autentici, quando a Sanremo in quei giorni dietro le quinte, per strada, degli hotel e ristoranti si respirava veramente l’aria artistica e creativa. Negli anni tutto questo è cambiato eppure il Festival continua ad esistere e nessuno lo smuove, perché?

La risposta è veramente semplice ma i meccanismi diventano troppo complessi per far si che noi individui comuni “da divano e social” possiamo afferrarli facilmente. Dietro ogni parola, gesto, azione, personaggio c’è sempre qualcosa che è riconducibile ad una regola suprema e intoccabile. Lo Show Business.

Spesso dimentichiamo che il Festival è intrattenimento, un’industria (l’enterteinment) che vale miliardi e che muove milioni di persone in tutto il mondo. Un mondo nel quale c’è anche ad esempio lo sport, il cinema, i games etc e ha lo scopo di tenere le persone incollate allo schermo. Quando questi settori si fondono tra di loro e con altri come la moda o il turismo, ad esempio, producono quei sofisticati meccanismi che “creano” denaro (molto) facendo guadagnare in ogni caso. In qualunque modo se ne parli si guadagna sempre.

È così che il meccanismo perverso si evolve dietro le quinte e diventa sempre più avido ed imponente. Questo fa si che l’obiettivo si sposti dalla ricerca del contenuto alla ricerca di “interazione”. Gli obiettivi mutano.
In questo modo non conta ciò che viene detto e fatto, né il modo in cui se ne parla ma “quanto” se ne parla.

Proviamo a pensare a Sanremo e ai cachet stellari dei presentatori (punta di un iceberg dalle cifre molto più alte), outfit improbabili, incidenti durante il live, gaffe, performance blasfeme ed irriverenti, gag, canzoni inascoltabili e musica “brutta”, i Maneskin che esultano con infinite parolacce irripetibili (il caso della bassista della band che dopo l’annuncio della vittoria ha assunto un comportamento imbarazzante, sottolineato anche da Fiorello).

Sono tutti fattori che, insieme a quelli positivi ovviamente, contribuiscono a fare da motore a questa enorme macchina che è l’intrattenimento.
Uno sportivo che dice qualche parola sul palco magari sbagliando pronuncia, un presentatore che sbaglia l’accento di uno dei nomi degli autori, una canzone che non piace, l’altra sì etc.

Ma se tutto ciò è il motore, chi è il carburante?
Naturalmente siamo noi. Noi siamo il “prodotto” che viene offerto a caro prezzo per far andare avanti la macchina.
Una vecchia regola del Marketing afferma che quando ti viene stranamente offerto qualcosa gratuitamente vuol dire che il prodotto sei proprio TU.

E noi ci divertiamo, stiamo incollati alla TV, ai socials, a netflix, al calcio, osannando i nostri idoli (che a loro volta sono prodotti acquistati da grandi brand a caro prezzo grazie ai nostri consensi e follow) e stiamo li pensando di avere qualche opinione, facendo classifiche, criticando, elogiando, commentanto. Ogni nostra interazione alimenta una macchina che fa arricchire personaggi che probabilmente nello schermo non vedremo mai.

È lo show business che conta. La regola è ferrea e non ha pietà per nessuno. Se fai ascolti continui ad andare in onda. Se hai follower gli sponsor ti contattano. Se fai parlare di te la barca continua ad andare. Non importa ciò che dici o che fai, importa quante persone riesci a muovere, o meglio, a far stare ferme a fissarti.

Sulla base di questo non dovremmo meravigliarci del cambiamento che vediamo nell’arte o nei contenuti in generale. Chiara Ferragni si è “incollata” al suo account instagram nell’ultima serata di San Remo strumentalizzando anche suo figlio e cercando di convincere i suoi quasi 23 milioni di Followers (più di un terzo di tutta la popolazione italiana) a votare suo marito. Non importa se il gesto risulta giusto o sbagliato, etico, di stile o di poco gusto. etc. Sono i numeri quelli che contano, non i contenuti o i mezzi.

Capire questi meccanismi è molto importante. Un comprensione del modo in cui funziona la manipolazione mediatica, il sistema dello sport, dello spettacolo e dell’intrattenimento in generale farà venire alla luce la nostra vulnerabilità rendendoci consapevoli della necessità di cambiare rotta. Possiamo farcela a rendere la comunicazione migliore di quello che è. Occorre consapevolezza e responsabilità da ogni parte, da chi fa informazione e da la fruisce. Occorre far sentire la propria voce, (re)imparare ad agire con coerenza. Occorre far breccia in modo nuovo nelle nuove generazioni. Rischiamo di rovinare in modo indelebile ciò che si è costruito con sudore e sacrificio quando la comunicazione era differente. Le forme di comunicazione cambiano, si evolvono continuamente e la nostra responsabilità è far si che i contenuti rimangano uno strumento di progresso collettivo e non di degrado.

Abbiamo capacità e strumenti per essere agenti di un vero cambiamento. Facciamolo!


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Scritto da Ludovico Albano

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