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Il Bianco e il Grigio

La lettera di Michele Passaretti

Che stupendo piacere ritrovare il silenzio della notte senza il rumore della sofferenza. Aprire gli occhi e ritrovare la tua casa, gli amori, gli odori, i colori familiari; finanche il rumore dell’amico treno pare salutarti e rassicurarti. 

Sei tornato a casa, te lo ricorda uno striscione appeso fuori al balcone: “ Bentornato a casa nonno. I tuoi nipotini”.

Il grigio Covid non è più con te, lo dice un bianco foglio firmato da uomini senza volto mascherati nella loro tuta bianca, sono loro che ti stanno accompagnando fuori dalla bianca prigione che ti ha trattenuto in un mondo surreale. Sei diretto a quella  porta che ti ha separato venti giorni dalla tua vita di sempre. 

Chi sono questi alieni bianchi? Uomini e donne, medici infermieri e ausiliari che non si sono sottratti al loro dovere di curare gli ammalati in questi reparti infettivi. Persone che vivono due mondi nella stessa giornata tormentati da questa dualità, logorati dalla durezza del lavoro; sono persone forti e motivate dal dovere e dalla passione. E’ vero, non sono angeli scesi dal cielo ma portano lo stesso messaggio di speranza e di aiuto. Ricordo i loro nomi, ma non conosco i lori volti. 

 L’uscita dal reparto è un rito liberatorio, direi una sorta di  battesimo; si rende necessario decontaminarsi dal male di un contagio  e abbandonare ogni traccia di contatto con quell’oscuro nemico che signoreggia ancora nel reparto (dirty zone). Il celebrante è il “sanificatore” che con la sua lancia benefica ti purifica, poi una doccia ristoratrice e il nuovo vestimento, un camice ospedaliero che copre le tue nudità e.. sei finalmente pronto! Pronto a varcare la porta, quel confine tra il male del virus e il bene della tua guarigione.

Passi e dall’altro lato ritrovi i volti, scopri l’umanità di quegli angeli senza maschere, i dottori finalmente hanno una faccia, ti parlano sorridono e sono lì per condividere la tua restituzione alla vita con non finto piacere. E’ la mia vittoria, la loro vittoria: Non vogliono ringraziamenti, li vedo in ansia per il ritardo dell’autoambulanza che mi riporterà a casa,  è sera ormai, anche per loro il tempo che mi separa dai miei affetti sembra infinito.

Sei tornato a casa, te lo ricorda la bellissima giornata di sole che al risveglio ti parla di un nuovo giorno pieno di vita nuova. 

Cosa vedo con miei occhi chiusi? La sofferenza negli occhi dei malati, la solitudine collettiva, la perdita di alcuni compagni di stanza, il sottile filo di speranza che accomuna tutti nelle lunghe giornate scandite da un lontano suono di una campana amica. Infine, vedo  i preziosi momenti di preghiera, vera compagna di viaggio in questo pellegrinaggio nella terra del dolore. Cosa lascia dentro di me? Una ferita nella mia anima, una cicatrice indelebile che porto preziosamente dentro. Non voglio perdere nulla di quello che ho vissuto, dimenticare neppure per un attimo questo cammino nella “valle dell’ombra della morte” poiché posso dire con tutto il mio cuore: Il mio Dio è stato con me.

Mi ha coperto con la sua ombra e mi ha riscaldato con il suo amore. Sull’altra sponda ci siete stati voi: Familiari, comunità, fratelli, amici e colleghi che avete fatto il tifo per me, eravate in tanti ad alzare la voce con la vostra preghiera, il vostro interessamento, il vostro affetto, le vostre premure.  Dirvi grazie è poco. 

Vedrai che ce la farai!”  mi è stato detto da più parti, non so se ce l’ho fatta, penso che  se sono ancora qui il mio cammino è ancora incompiuto e questa esperienza mi aiuterà a giungere alla meta finale.    

Michele Passaretti

P.S. Un sincero ringraziamento al P.O Maddaloni Presidio Covid – 19

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