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OLTRE IL MURO – Intervista a Mikail Sergeevich Gorbačëv

Muro, Ue e Putin: le verità dell’ex presidente sovietico su Real Inside Magazine

Sono un sostenitore della libertà di scelta, di religione, di parola. Sempre e comunque libertà. Piuttosto sparatemi, ma alla libertà non volto le spalle.

Mikail Sergeevich Gorbačëv

Il Novecento fu definito da Henric J. Hobsbawn “il secolo breve”. Se a questo secolo, pur breve, vorremmo dare un volto, allora quello sarebbe di Mikail Sergeevich Gorbačëv. Non ho dubbi. Fu l’ultimo segretario del PCUS, partito comunista dell’Unione Sovietica, dal 1985 al 1991. Ultimo presidente dell’URSS. Artefice della fine della Guerra Fredda, il suo ruolo fu determinante per la caduta del Muro di Berlino. Poi anche Premio Nobel per la Pace nel 1991. Da allora, una vera icona mondiale. Un gigante del XX secolo.

Il mio incontro con il Presidente Gorbačëv risale a più di un anno fa. In questi mesi la comunicazione è stata lenta e faticosa, ma siamo riusciti ad ultimare un lungo lavoro, per realizzare questa intervista in esclusiva per il lancio di “Real Inside Magazine”. Il Presidente non sta molto bene, spesso è costretto a lunghi soggiorni in ospedale. Il suo volto è irriconoscibile se non fosse per quella macchia rossastra, un po’ sbiadita, che ancora campeggia sulla sua testa, e che fu il suo tratto distintivo facendo la fortuna dei ritrattisti e vignettisti di tutto il mondo. Con il passare degli anni, è aumentato anche il suo peso, il corpo si è deformato. Il diabete lo affligge, ma non ha perso la sua lucidità. La sua capacità di analizzare, argomentare e rispondere è davvero sorprendente. Quando ci incontrammo nella sede della sua fondazione, a Mosca – grazie ai buoni uffici del suo consigliere per la comunicazione, il prof. Vladimr Polyakov – il presidente si mostrò premuroso, disponibile e molto interessato anche all’Italia, paese che insieme al Giappone, ama particolarmente. C’è tempo anche per qualche ricordo: l’abbraccio con Benigni, l’incontro con Sofia Loren, l’ammirazione per Pavarotti e Bocelli, le interviste con Enzo Biagi e Maurizio Costanzo ed, ovviamente, la grande passione per la cucina italiana. Il momento per me sicuramente più emozionante e significativo, è stato quando ho consegnato nelle mani del presidente una Bibbia in russo. 

Alla fine degli anni ’80 l’ex presidente sovietico era uno degli uomini più potenti al mondo. Sembrava un’ascesa inarrestabile, fino al golpe di stato e alla caduta del regime che si era proposto di riformare, invano. Gli anni che seguirono non furono sempre facili: sia la scomparsa dell’amata moglie Raissa e sia la disaffezione di molti russi nei suoi confronti. Ma contestualmente anche la crescente popolarità in Occidente fino alla realizzazione di alcuni spot per delle multinazionali che fecero molto scalpore. 

Fu l’ultimo leader comunista che sognò di riformare l’URSS e finì per scavare la fossa al comunismo e all’impero fondato da Lenin, che venne poi definitivamente seppellito quando il 25 dicembre del 1991 “Gorby”, in un discorso alla nazione, dovette dimettersi e la bandiera dell’URSS del Cremlino fu ammainata. 

Una vita unica, per cui credo valga la massima che Andreotti coniò per se stesso, e che fa proprio al caso del Nobel per la Pace russo: “Io sono postumo di me stesso”. 

Quest’uomo è sopravvissuto al secolo breve, a quel mondo che ormai non esiste più, che lui ha contribuito a dissolvere e nel quale era un assoluto protagonista. 

Osannato nel mondo, in realtà, per qualcosa che lui non voleva avvenisse, ma per cui oggi viene ammirato in Occidente: la fine del sistema sovietico. 

Si narra che in un colloquio con Ronald Reagan, ancora prima che Gorbačëv divenne segretario generale del PCUS, il primo ministro Margaret Thatcher gli disse: “…is an unusual Russian”, un russo anomalo. Aveva ragione. Non solo anomalo, singolare, ma anche un uomo dalle mille vite. 

L’intervista non può che cominciare con una riflessione sul trentesimo anniversario del Muro di Berlino. Il presidente lo ha dichiarato a tutti i giornalisti che in queste settimane lo hanno contattato: “Eravamo pronti da tempo”. Tutto quello che ha vissuto in quel giorni, Gorby l’ha raccontato nel libro uscito nel 2018 in Russia “Nel mondo che cambia”. Fu proprio nel viaggio a Berlino nel settembre del 1989 che il presidente prese piena consapevolezza di quel malcontento, ormai diffuso. Durante quella visita ci fu anche durante una parata qualcuno che urlò: “Gorbachev aiuto! Perestrojka!”. Ma il presidente è netto quando si parla di chi fu il protagonista di tutta quella rivoluzione: “Il popolo, senza dubbio. I politici anche ebbero un ruolo, ma quello principale fu l’attivismo del popolo …”.

Eppure tutto quello che è avvenuto in quei giorni è ormai storia. E la storia ci dovrà ancora chiarire molte cose, anche in merito al ruolo dell’ultimo leader sovietico. Ma nell’intervistare il presidente, mi sono chiesto: cosa pensa “Gorby” del mondo di oggi? 

Oltre il Muro, oltre quel 1989, qual è il pensiero del Nobel per la Pace sulla Russia di oggi e l’Europa ?  

In questo lungo colloquio, abbiamo parlato di storia ma anche di contemporaneità, siamo andati “Oltre il Muro”….

Presidente nel maggio del 2018, nelle celebrazioni del “Giorno della Vittoria” nella Piazza Rossa, il mondo intero ha visto le sue lacrime. Perché si è commosso, a cosa ha pensato?

Ovviamente, non ricordo tutti i particolari di quel giorno, ma posso dire che il Giorno della Vittoria è una grandissima festa. Come però è cantato in una nostra canzone molto famosa, “è una festa con le lacrime agli occhi”. E’ il Giorno della memoria per quelle decine di milioni di persone che sono morte difendendo la nostra Patria e l’Europa dagli invasori nazisti, per gli orrori e le tribolazioni che abbiamo subito noi e tutti coloro che hanno combattuto spalla a spalla con noi contro questa “peste del XX secolo”.

Presidente nel 2017 si sono celebrati i 100 anni della rivoluzione russa. Sembra che questo evento sia stato “poco festeggiato” in Russia. La salma di Lenin nel mausoleo sembra essere l’ultimo retaggio di ciò che fu l’URSS. Forse questa nazione fatica a fare i conti con questo passato ancora così incombente, siamo passati dalla “Grande Rivoluzione” alla “Grande Rimozione” ?

Le discussioni sul significato della Rivoluzione d’Ottobre del 1917 ci sono state, ci sono e ci saranno ancora per molto tempo a venire. Anche in seno alla nostra Fondazione tali discussioni si verificano periodicamente. In effetti, nelle discussioni sul passato, si manifesta spesso anche l’atteggiamento verso i problemi contemporanei, le tattiche di riforma, le tendenze politiche, in particolare verso la socialdemocrazia.

Quest’ultima sorse nella sinistra del pensiero politico, dividendosi in diversi movimenti nel ventesimo secolo. In Russia, i bolscevichi “stroncarono” tutte le opzioni, tranne quella estrema, quella comunista, e intrapresero la strada del controllo statale totale sull’economia, del monopolio ideologico, del sistema a partito unico. Ciò ha portato alla creazione di uno stato totalitario, lontano dagli ideali di libertà e di democrazia. E abbiamo capito da soli di dover abbandonare questa strada.

Tuttavia, è innegabile che milioni di persone nel nostro Paese credessero negli ideali del socialismo, di una società giusta. E anch’io vi ho creduto e continuo a credervi, ora nella loro lettura moderna e socialdemocratica.

Presidente, ma oggi sembra che dall’Europa agli USA gli ideali socialdemocratici siano in crisi ? 

Tutta la mia esperienza politica mi ha portato a capire che per la Russia, e non solo per essa, un progetto socialdemocratico sarebbe stato il più adatto. E’ difficile immaginare un processo politico completo senza di esso.

Potrebbero obiettarmi che la situazione attuale in Europa non è favorevole al progresso positivo delle forze socialdemocratiche, e di sinistra come tali. Spesso si afferma che sia in atto una “svolta a destra”. I partiti nazionalisti di estrema destra sembrano guadagnare punti. In vari Paesi, le posizioni della socialdemocrazia si stanno indebolendo e recentemente hanno spesso perso voti tra l’elettorato.

Ma se, come dicono, “il pendolo oscilla a destra”, allora ci sono chiari segni che la fase di movimento a sinistra sta per iniziare. Ciò diventa evidente in Europa, ma quel che è stata una sorpresa è che fenomeni simili siano stati recentemente osservati anche negli Stati Uniti d’America. Fino a poco tempo fa, era estremamente raro negli USA ascoltare slogan di socialismo democratico dai candidati alle elezioni. Oggi suonano sempre più alti. Le esigenze di giustizia sociale riguardano il sistema sanitario americano, la lotta per preservare l’ambiente. Riecheggia l’idea di un ruolo attivo dello Stato nello spirito del New Deal di Franklin Roosevelt.

Presidente, ma come deve avvenire questo cambiamento ? 

Ora come non mai sono necessarie nuove idee. Molti politici sono alla ricerca di nuovi pilastri intellettuali e politici del movimento di sinistra. Con i vecchi bagagli non puoi andare lontano. Anche la socialdemocrazia, ovviamente, deve cambiare per andare avanti. Ma i valori fondamentali – giustizia, solidarietà – non scompariranno. Questo requisito rimane uno dei più importanti per i lavoratori, per il ceto medio. Secondo me, assicurare loro una vita dignitosa è il primo obiettivo per tutti coloro che si considerano socialdemocratici.

Lei è considerato un simbolo del XX secolo. Come ha vissuto questi anni in cui anche se fuori dal potere è diventato una grande icona mondiale?

Sono trascorsi quasi trent’anni da quando ho lasciato l’incarico di Presidente dell’URSS. Come promesso, non ho abbandonato la politica e la vita pubblica. Non posso essere indifferente al destino della Russia e delle altre Repubbliche che hanno percorso un lungo periodo storico con essa, a ciò che accade nel mondo. Esprimo la mia posizione a piena voce, non mi adatto alla situazione del momento.

I libri che ho scritto sono stati pubblicati in Russia e in altri Paesi. Hanno trovato eco tra politici, storici, giornalisti e, soprattutto, lettori. Sono grato a loro per la loro attenzione alla mia posizione e per le numerose recensioni.

A ciascuno di noi è riservato il proprio secolo. Il mio ha compreso la maggior parte del ventesimo secolo. Penso che gli storici lo definiranno come uno dei più significativi e drammatici della storia dell’umanità. Il ruolo del nostro Paese – l’Unione Sovietica, la Russia – negli eventi di questo secolo è stato fondamentale e spesso decisivo. Dobbiamo ricordarcelo, partire da questo.

Presidente, eppure sempre più persone, in ogni parte del mondo, sono disinteressate alla politica. Come se lo spiega? 

Sono convinto che l’uomo moderno non possa rimanere fuori dalla politica. Non ci si può rassegnare ai discorsi che “la politica è una cosa sporca”. Allontanandosi dalla politica si lascia solo campo a coloro che sono disposti ad agire in modo sporco, per i quali “il fine giustifica i mezzi”. Non sarò mai d’accordo. Dopo aver attraversato la politica, dopo averne viste di cotte e di crude, avendo vissuto sia vittorie che sconfitte, non rinuncio alla convinzione che la politica e la moralità, i valori morali, siano compatibili.

Oggi questa convinzione a qualcuno sembra antiquata. Esistono molti esempi di politica cinica e immorale. Ma non è forse evidente quale danno abbia causato una simile politica alle persone? Non si vede come cresce il divario tra ricchi e poveri, come si avvicina sempre più la minaccia di un collasso ambientale? Sono convinto che tutto ciò sia il risultato di una politica immorale e cinica.

Presidente, come fece un Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, negli anni ’70-’80, lei pone al centro di tutto la questione morale, giusto?

Gli allarmi suonano letteralmente ogni giorno, ma i politici non li ascoltano, la politica resta in ritardo rispetto ai cambiamenti globali. E questo significa che le persone, la cittadinanza, la società civile dovrebbero dire la loro. E’ necessario un potente movimento sociale per una politica morale responsabile.

Negli anni trascorsi da quando ho lasciato la più alta carica dello Stato, ho visitato decine di Paesi e probabilmente centinaia di città, ho incontrato gente, sono intervenuto in pubblico nei più diversi contesti, da poche decine a decine di migliaia di persone. Ho visto e sentito che le persone sono allarmate, preoccupate. Molti non sperano più in un cambiamento in meglio, sono in preda alla disperazione e persino al panico. Ma provo gioia e speranza quando vedo persone che credono che il mondo sia diverso e che loro stessi possano rendere il mondo un posto migliore. Dopotutto, in fin dei conti, tutto dipende da ciascuno di noi. Ci ho sempre creduto. E quindi non mi pento degli anni vissuti.

Come è cambiata la Russia in questi decenni? 

La Russia è la mia Patria e l’unico Paese in cui concepisco la mia vita. Pensando al mondo del futuro, torno costantemente col pensiero alla Russia, penso a ciò che è in grado di dare al mondo, all’umanità. Sono sicuro: il suo contributo può e deve essere significativo e positivo. Il moderno Stato russo è l’erede dell’antica Russia, del regno di Mosca, dell’impero russo e dell’era sovietica. E’ una storia millenaria, severa e grandiosa. Oggi la Russia, come tutti i paesi, sta cercando il suo posto nel mondo globale emergente. Questo processo non è facile, incontra ostacoli interni ed esterni. 

Nell’era Putin, la Russia ha avanzato un serio processo democratico? 

Ponendosi a capo dello Stato, Vladimir Putin ha ereditato il caos. Caos in politica, in economia, nelle relazioni federali. Il potere era debole, le istituzioni politiche in realtà non funzionavano. Negli anni ‘90 il PIL della Russia è diminuito di quasi la metà. La Russia stava appena iniziando a emergere dalla crisi del 1998, che ha colpito il nostro Paese più dolorosamente di molti altri, portando al default delle obbligazioni dello Stato e al deprezzamento del rublo.

Una delle Repubbliche facenti parte della Federazione Russa – la Cecenia – è diventata un campo fertile per gruppi di banditi, si è trasformata in un focolaio del terrorismo. Le regioni, una ad una, adottavano leggi e regolamenti contrari alla legislazione federale. La Federazione era nella fase iniziale di una disintegrazione. Nelle stesse condizioni versavano l’esercito, la sfera sociale, l’economia, la scienza. Non riesco a immaginare, in quelle condizioni, come sarebbe stato possibile agire basandosi su un “manuale della democrazia”, per trovare una via d’uscita da una situazione quasi catastrofica. Non c’era semplicemente tempo storico per questo. Il Presidente del Paese non poteva non compiere passi decisivi. Parte della società era critica nei confronti di tali passi, alcuni di questi erano percepiti come autoritari. Una grande pressione è stata esercitata sui media da parte dello Stato. Per proteggere l’integrità dello Stato ed eliminare il focolaio del terrorismo, era necessario ricorrere alla forza militare in Cecenia. Iniziarono i lavori per allineare la legislazione regionale a quella federale. Le azioni del governo federale non erano sempre ottimali. Nella società sorgevano domande in relazione all’indebolimento del ruolo del Parlamento e della magistratura, la costruzione di un verticale di potere a scapito dell’autogoverno delle regioni e il rafforzamento del controllo statale sui media elettronici. Ma abbastanza rapidamente la gente ha visto che qualcosa cominciava a cambiare in meglio. In quegli anni, mi veniva spesso chiesto come mi sentissi riguardo agli elementi autoritari nelle azioni delle autorità. Li vedevo, ma ho pensato che fosse impossibile valutare la politica del Presidente esclusivamente secondo questo criterio. Bisogna vedere in quali condizioni doveva agire. E se l’obiettivo del potere è creare le condizioni per lo sviluppo di una forte democrazia moderna, allora sono pronto a sostenere il Presidente, pur non essendo d’accordo con taluni suoi singoli passi e decisioni.

Quali miglioramenti ci sono stati in Russia in questi decenni? 

Nel campo socioeconomico, la leadership del Paese ha dovuto affrontare una situazione estremamente difficile. Il crollo finanziario dell’agosto 1998 aveva portato a una riduzione dei redditi reali dei cittadini di quasi la metà. Il Paese era insolvente. Le principali banche commerciali avevano fatto bancarotta. Le misure adottate hanno consentito di arrestare la crescita della crisi, di stabilizzare i processi economici e di creare le condizioni per il rilancio della produzione. Anche l’aumento dei prezzi delle fonti energetiche sui mercati mondiali ha giocato il suo ruolo. Devo dire che ho un duplice atteggiamento nei confronti di questo fattore, e una delle lamentele riguardo al corso economico delle autorità russe è che non potevano superare la dipendenza dell’economia russa dall’esportazione di materie prime. Ho criticato anche altri aspetti di questo corso, in particolare un tentativo di limitare i sussidi per i pensionati nel 2004, che ha provocato proteste diffuse. Ma in generale si deve riconoscere che il primo decennio del nuovo secolo ha portato a milioni di russi un miglioramento significativo degli standard di vita e redditi reali più elevati. Il caos economico degli anni ’90 è un ricordo del passato. Oggi nessuno dice più che la Russia possa essere “cancellata”, che non abbia prospettive, che essa e i suoi cittadini siano condannati a uno status secondario e a una vita di stenti. Molto è stato fatto negli ultimi due decenni, in politica ed in economia sono arrivate nuove generazioni. La Russia ha di che essere orgogliosa. Ma c’è qualcosa a cui pensare.

Quale futuro immagina per la Russia e quale sistema politico auspica che si rafforzi nel vostro paese? Come pensa debba evolversi l’economia e, forse, la domanda principale: come dovrebbe trasformarsi la società russa?

Non posso dire che oggi ai cittadini russi vengano offerte risposte chiare a queste domande. Il sistema politico russo si è sostanzialmente sviluppato sulla base della Costituzione del 1993 con il suo squilibrio a favore del potere esecutivo e presidenziale a scapito di quello legislativo. Inoltre, i cambiamenti nella legge elettorale e il meccanismo per lo svolgimento delle elezioni hanno indebolito la subordinazione e la responsabilità dei parlamentari nei confronti dei cittadini. E il sistema di elezione dei leader regionali, delle assemblee legislative e delle autorità locali è tale per cui così che è difficile aspettarsi la comparsa di figure brillanti tra loro, di politici promettenti. In Russia non ci sono ancora Partiti politici forti, uniti da un’idea e da un programma. Sembra che i politici russi abbiano dimenticato che i Partiti non si creano dal centro, crescono dal basso. “Russia unita”, basata su una risorsa amministrativa, cioè sul potere esecutivo e le sue possibilità, non è diventato un vero Partito con idee promettenti e un programma serio. Altri Partiti parlamentari svolgono principalmente funzioni decorative, mentre a quelli non parlamentari semplicemente non si permette di entrare nella Duma. Tutto ciò viene fatto “in nome della stabilità”. Sì, abbiamo bisogno di stabilità, ma di stabilità democratica, che si ottiene attraverso il dialogo, attraverso la competizione di forze politiche responsabili, offrendo loro opportunità di formazione e promozione di programmi concorrenti. Per la Russia, anche la questione del cambiamento di potere è rilevante. Per me, il costante rinnovamento del potere è un imperativo della politica moderna. Dovrebbe essere fissato dalla legge. Ma gli autori della Costituzione del 1993 includevano in essa una disposizione secondo cui un Presidente non può essere eletto per più di due mandati consecutivi. Cioè, tenendo conto delle interruzioni, non c’è limite al numero di mandati presidenziali. Ciò ha permesso a Vladimir Putin di ripresentare la sua candidatura dopo la presidenza di Dmitrij Medvedev nel 2008-2012. Dopo, è stato eletto due volte alla presidenza per un mandato di sei anni ciascuna.

Presidente, eppure i consensi di Putin sono reali, la sua leadership è forte e apprezzata anche fuori dalla Russia…

La popolarità di Putin, il suo alto indice di fiducia, sono reali, così come i suoi meriti di fronte alla società russa. Sorgono però alcune domande: i processi e le decisioni politiche dovrebbero continuare a essere limitati a una sola persona? Quale potrebbe essere il prezzo di un errore con un tale modello di governance e leadership politica? E ci si può aspettare che i difetti di questo modello siano sempre compensati dalle qualità personali del Presidente? Lo stesso presidente dovrebbe pensare a questi problemi. Io vorrei che essi diventino oggetto di un’ampia discussione pubblica. Dove sta andando la Russia? Mi viene posta questa domanda sia qui che all’estero. E spesso con un sottinteso: il dubbio circa la capacità della Russia di arrivare alla vera democrazia. Talvolta mi chiedono direttamente quante leggi e azioni adottate dalle autorità russe siano correlate alla democrazia. Rispondo sempre: il nostro popolo è più democratico di quanto pensiate. Ma la Russia ha una storia difficile alle spalle. 250 anni di giogo mongolo, la servitù della gleba, le repressioni staliniane. Alla gente veniva insegnato di essere trattati da schiavi. E quando tutto questo finì, negli anni ‘90 dovettero sopportare il caos e l’arbitrarietà che le venivano presentati come democrazia. Oggi le persone sono pronte a delle alternative, alla competizione politica. E io dico alle autorità russe: non abbiate paura delle persone. Non c’è bisogno di rinchiudere i movimenti sociali nel rigido quadro di ciò che è permesso. Non c’è bisogno di offrire alle persone elezioni senza scelta, il cui esito è predeterminato. Non è necessario vedere nemici in coloro che escono per protestare, fanno picchettaggio, firmano petizioni. Una società civile vivace, creativa, in via di sviluppo, esigente nei confronti delle autorità è nell’interesse sia dei cittadini che del governo stesso. Credo fermamente che in Russia ci arriveremo sicuramente.

Presidente, infine, ci dica la sua opinione su quanto sta accadendo in Europa…

Ora a molti sembra che si sia verificata una divisione irreversibile nel nostro continente. In tal caso, il danno all’Europa sarà enorme per tutte le sue parti costituenti. Nell’inevitabile competizione delle regioni in un mondo globale, che è già iniziata, le sue posizioni saranno minate. E in questo caso davvero si dovrà parlare di “declino dell’Europa”, e questo non dobbiamo permetterlo. Non vedo altro che tornare all’idea di una casa comune per tutti gli europei. In realtà, viviamo già in una casa comune. Solo che i coinquilini ultimamente non vanno molto d’accordo tra loro. Questo è ciò che deve essere cambiato. I difetti e le linee di divisione che sono stati costituiti recentemente possono essere superati solo con sforzi congiunti, e ciò richiederà sforzi letteralmente titanici. E bisogna iniziare il prima possibile. Francamente, bisognava iniziare ieri. E’ un peccato che i leader non abbiano avuto la saggezza e la forza per farlo.

Lo sviluppo di un’idea di casa paneuropea a suo tempo avrebbe contribuito a evitare molti sconvolgimenti, sia nei Balcani che in seno all’Unione Europea, e anche nelle relazioni tra la Russia e i suoi vicini.

Si conclude questa lunga intervista all’ultimo leader dell’Unione Sovietica. Sono grato al presidente per la pazienza e la disponibilità, nonostante alcune difficoltà. 

Mi riempie d’orgoglio sapere che ha rilasciato solo due interviste singole in occasione del trentesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino (infatti gli altri reporter e corrispondenti si sono dovuti “accontentare” di alcune dichiarazioni rilasciate dal presidente in una conferenza stampa collettiva). 

E sono grato per le parole che il Presidente ha voluto rivolgermi in occasione del lancio di Real Inside Magazine. 

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Scritto da Alessandro Iovino

Depressione “Cristiana”