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DDL ZAN: INTERVISTA A LUCIO MALAN

Alessandro Iovino intervista il senatore Lucio Malan

Non si parla d’altro in questi giorni: il ddl Zan.
Come se l’emergenza sanitaria si fosse d’incanto placata, alcuni parlamentari hanno “denunciato” a gran voce – con il sostegno di esponenti del mondo dello spettacolo – l’assoluta necessità di incardinare la Legge Zan in Senato.
Sono dunque “scesi in campo” cantanti, artisti ed influencer a suon di dirette e slogan: tutti favorevoli all’approvazione di questa legge.

Cosa ne sappiamo veramente ?
Perché questo argomento è così ideologizzato e perché ci sono alcuni che si oppongono ad esso ?

Abbiamo deciso di porre semplici e brevi domande al senatore Lucio Malan, uno dei parlamentari più attivi nel contrastare questo disegno di legge che vede come primo firmatario, per l’appunto, il deputato del PD Alessandro Zan.

Senatore Malan, perché lei è contro il ddl Zan?

Perché, in base all’articolo 2, lettera a) di quel testo di legge, chi rifiuta di assumere un trans come baby-sitter o maestro di una scuola, chi rifiuta di offrire il proprio lavoro per un “matrimonio gay” o incoraggia gli altri a fare queste cose sarà equiparato a un nazista che vuole un maestro ebreo per i suoi figli o dica che una coppia di “ariani” non deve adottare un bambino africano, e cioè messo in carcere anche per 18 mesi. Lo stesso può accadere a chi non riconosce un transessuale nel sesso al quale vuole appartenere, ad esempio continuando a chiamare “lei” chi è nata femmina e “lui” chi è nato maschio, anche se dicono di sentirsi dell’altro sesso. (Si veda come la vecchia legge sulla discriminazione risulterebbe modificata dal Ddl Zan)    

Perché in base all’articolo 2, lettera c) chi fa parte di un gruppo, ad esempio una chiesa, che incoraggi a fare queste stesse cose potrà essere condannato fino a 4 anni di carcere, e fino a 6 anni se ha fondato o dirige questo gruppo.

Perché violenze e molestie contro gay, trans e chiunque altro sono già punite, e invece non ci sono aggravanti automatiche per chi usa violenza nei confronti di anziani e varie altre categorie deboli: non c’è ragione ci sia per omosessuali ecc. E, per quanto riguarda insulti e ingiurie, sono da alcuni anni diventati illecito civile contro il quale si può agire solo con una querela ed è stato persino abolito l’oltraggio a pubblico ufficiale. E il Ddl Zan nulla cambia a questo riguardo.  

Perché le Linee guida  della “Strategia nazionale contro la discriminazione”, che l’articolo 8 del DDL Zan approva con dignità di legge, introducono il “diritto delle persone omosessuali ad avere una famiglia”, e parlano di “nuove realtà familiari costituite anche da genitori omosessuali” (pagina 21) dunque ad adottare bambini, magari con la infame pratica dell’utero in affitto, proibita in Italia ma che diversi giudici italiani tollerano o addirittura legittimano quando è praticata all’estero. Visto che alcuni giudici hanno già concesso di iscrivere “due padri” per un bambino, con il Ddl si fa un passo avanti e questo fenomeno si allargherà sempre più. Non si dovranno più usare le espressioni “padre e madre”, “mamma e papà” per non “discriminare” i “figli di coppie omosessuali” (pagina 21, della “Strategia”), che non esistono nella legge, ma già sono introdotti in alcune sentenze “creative” di giudici che si sentono superiori alla legge. Nelle scuole si dovrà anche eliminare il “pregiudizio secondo il quale la coppia omosessuale è sterile” (pagina 8 delle linee guida della “Strategia”).  

Perché l’ideologia che sta dietro la legge, e in particolare le Linee guida della “Strategia” approvata nell’articolo 8, sostiene che “l’orientamento omosessuale non è una scelta, e pretendere di modificarlo può causare gravi conseguenze sul piano psichico” (pagina 7). Dunque, è alto il rischio che un bambino in cui qualche insegnante o assistente sociale rilevi tendenze omosessuali sia tolto alla famiglia se questa, anche con tutta la dolcezza, continuerà a trattarlo da maschio se è maschio, da femmina se è femmina. Del resto, la stessa Garante dell’Infanzia ha dichiarato che un bambino “ha diritto di essere tolto alla famiglia in caso di povertà educativa”. Sarà difficile dire che non è “povertà educativa”, che non è “gravemente dannosa”, l’educazione di una famiglia che vada contro le “verità” delle Linee guida (approvate con la legge Zan), secondo le quali è un pregiudizio da eliminare che “un bambino ha bisogno di una figura maschile e di una femminile” (pagina 17), così come va contrastata una valutazione negativa di chi paga una donna per portare avanti una gravidanza e poi prendersi il bambino (pagina 8), anche se è una pratica proibita dalla legge.  

E poi c’è l’enorme problema di ciò che vogliono fare, e in parte stanno già facendo, nelle scuole…

Ecco: ci può dire cosa c’entra questa legge con la teoria gender nelle scuole?

È la parte più pericolosa e subdola della legge. Dicono i suoi sostenitori: “Non si parla di gender! Vi inventate le cose!”. Intanto, ricordiamo che in Italia (non altrove) i sostenitori della ideologia, o teoria, gender dicono che ‘la ideologia gender non esiste’. E dunque ovviamente negano ci sia nella legge. Lo dicono soprattutto perché hanno sentito dire così, poi perché fa comodo dirlo o perché ritengono che questa teoria sia verità assoluta e dunque non può essere una semplice “teoria” o ideologia. Ma la loro affermazione è totalmente e chiaramente falsa. Lo dice – tra centinaia di altri studiosi – la principale esponente di quella teoria, l’americana Judith Butler, in molti libri (a partire da Gender Trouble, 1990, il cui sottotitolo è “La sovversione dell’identità”, in riferimento all’identità sessuale, o “di genere”), ma anche in una intervista tradotta in italiano in cui, tra l’altro, dice: “La teoria del genere non descrive infatti ‘la realtà’ in cui viviamo, bensì le norme eterosessuali che pendono sulle nostre teste. Norme che ci vengono trasmesse quotidianamente dai media, dai film, così come dai nostri genitori, e noi le perpetuiamo nelle nostre fantasie e nelle nostre scelte di vita. Sono norme che prescrivono ciò che dobbiamo fare per essere un uomo o una donna…”. In italiano c’è anche una recensione di un libro più recente di Butler dove più specificamente la si definisce “teoria di Butler della performatività di genere”. In sintesi, la teoria è che “maschio” e “femmina”, “uomo” e “donna”, non siano realtà legate al sesso biologico, ma frutto delle influenze sociali e familiari. Ora, è palese che non è “per natura” che le donne mettono la gonna e il rossetto e gli uomini no, ma per l’influenza dell’ambiente in cui vivono. Del resto “per natura” si farebbero i bisogni in pubblico e i più forti deruberebbero i più deboli del necessario, sapendo di non aver nulla da temere, dunque pensare di educare i bambini in base alla natura è assurdo. Ma è anche assurdo negare che gran parte delle donne siano diverse da gran parte degli uomini sotto molti aspetti caratteriali, attitudinari, sentimentali e così via. Quando poi si passa dalla teoria alla pratica, gli zelanti del “gender”, per i quali – appunto – non si tratta di teoria ma di verità assoluta da imporre agli altri, dicono che non bisognerebbe influenzare bambini e bambine indirizzandoli verso una identità sociale e sessuale maschile o femminile, ma esplicitamente indurli a “provare” il comportamento tipico dell’altro sesso, incluso l’attrazione sessuale. Ai bambini si insegna dunque che “il principe” potrà mettere gonna e rossetto, sposare un altro “principe”, e la “principessa” un’altra principessa e così via, con tanto di libri, che già potete trovare nel reparto bambini di tante librerie. Due esempi fra tanti, tratti da un sito che giudica molto positivamente queste storie: “Milo si prepara per la nanna e poi ascolta la storia della sua nascita: come le mamme si sono incontrate e amate e poi di come, per averlo, hanno chiesto aiuto a un dottore cha ha impiantato un semino nella pancia di una di loro. Il semino è diventato Milo, un bambino felice e amato” oppure “Luca è sempre solo. Come Marco. I due bambini diventano amici e inseparabili compagni di giochi e avventure. Da grandi, uno farà l’imprenditore, l’altro il pilota militare. I due amici si sposeranno fra loro con una bella cerimonia festosa e con la benedizione delle mamme. Un libro perfetto quando arrivano le domande difficili: che cosa vuol dire gay? Che cos’è il gay pride?” Insomma: si insegna che l’amico del cuore diventerà un partner sessuale! E c’è molto altro. Potrà essere insegnato A tutti – secondo loro – va spiegato il più presto possibile come si possono avere rapporti sessuali con il sesso opposto o con lo stesso sesso, anche col pretesto di prevenire le malattie trasmesse sessualmente.

Infatti, attraverso la “Strategia nazionale contro la discriminazione” che l’articolo 8 del DDL Zan   approva con dignità di legge, si accreditano nelle scuole le associazioni LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali) in qualità di enti di formazione (pagina 23 della “Strategia”) per spiegare ai bambini fin dagli asili nido (pagina 21) – tra le altre cose – che non è detto che i bambini siano maschi e le bambine femmine (pagina 8 delle Linee guida della “Strategia”). Tra queste associazioni (pagina 42 della “Strategia”) c’è il Circolo Culturale Omosessuale intitolato a Mario Mieli, attivista e scrittore noto essenzialmente per un libro Elementi di critica omosessuale, in cui sono contenute – insieme a decine e decine di altre molto simili e forse peggiori – queste espressioni: “Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza” (capitolo Primo, pagina 55) oppure «L’amore per Dio e il timore di Dio sono il risultato nevrotico di un amore per i genitori censurato dal tabù dell’incesto e da quello antiomosessuale… il desiderio erotico del bimbo per il padre, il desiderio della figlia per la madre, tutto ciò si trasforma nevroticamente in adorazione di Dio», mentre «l’esperienza magica dell’universo recondito… il conosci te stesso passano necessariamente attraverso l’omosessualità manifesta» (pagine 132-133). Cosa possono insegnare nelle scuole coloro che decidono di intitolare la propria associazione a questo individuo?

Del resto, già prima di questa legge in moltissime scuole bambini e ragazzi sono stati sottoposti a iniziative del tutto inappropriate, senza il consenso dei genitori. Con la “Strategia nazionale contro la discriminazione”, accolta nella legge all’articolo 8, tutto questo diventerà obbligatorio e i genitori che si opporranno saranno a forte rischio di essere condannati per incitamento alla discriminazione specialmente se sono organizzati in una associazione, o se quella di cui fanno parte (ad esempio una chiesa) li appoggia.

Come se non bastasse, l’articolo 7 della legge Zan istituisce per il 17 maggio di tutti gli anni la “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”. Le scuole saranno ovviamente l’obiettivo principale delle iniziative di questa giornata e le associazioni LGBT potranno spadroneggiare.

Cosa risponde a chi l’accusa di essere poco sensibile nei confronti di chi subisce discriminazioni in base al proprio orientamento sessuale? È vero che in altri paesi europei esiste già una legislazione in materia?

Oggi a un omosessuale, dichiarato o no, non è precluso nulla. Ci sono o ci sono stati tre presidenti di regione dichiaratamente omosessuali, uno ha anche comprato un figlio ottenuto con l’utero in affitto, la stessa cosa ha fatto un senatore della scorsa legislatura. In televisione, a cominciare dalla Rai, servizio pubblico pagato obbligatoriamente da tutti i cittadini attraverso la bolletta dell’energia elettrica, non c’è quasi più trasmissione senza la celebrazione di omosessuali e transessuali (Festival di Sanremo in testa). Ci sono omosessuali in tutti gli ambienti senza discriminazioni o problemi, in certi settori c’è addirittura la prevalenza di omosessuali e nei concorsi pubblici non c’è alcuna preclusione verso di loro. Dov’è la discriminazione? Con la legge Cirinnà possono fare unioni civili con tutti i diritti del matrimonio, tranne l’adozione (concessa però da alcuni giudici) e senza alcuni doveri. Con la “legge Zan”, però, si imporrebbe anche ai privati di assumere omosessuali, in qualsiasi ruolo. Guai a lasciarsi scappare che non si è assunta quella tal persona come baby sitter perché è uomo che si veste con parrucche, rossetto, minigonna e tacchi a spillo. Bisognerà trovare altre scuse e se il giudice non crede alle scuse rischi fino a 18 mesi di carcere! Lo stesso varrà per l’assunzione di insegnanti in una scuola privata. Tutti coloro che a qualsiasi titolo ricevono soldi dallo Stato, dalle Regioni o dai Comuni potranno essere minacciati di non ricevere più nulla se hanno qualsiasi tipo di preclusione verso omosessuali e transessuali.

Sì, in altri paesi sono già state approvate leggi di questo tipo, ma con esiti molto preoccupanti. In Francia, a causa di una legge simile, nel 2013 una manifestazione del tutto pacifica contro la legge per il matrimonio omosessuale è stata repressa con la forza dalla polizia, causando addirittura un ammonimento del Consiglio d’Europa. In Gran Bretagna, nello stesso anno un pastore protestante fu arrestato per aver letto in pubblico il capitolo 4 della lettera ai Tessalonicesi. Nel 2018 un medico è stato licenziato per essersi rifiutato di usare i pronomi transgender, continuando a usare “he” per i maschi e “she” per le femmine. Stesso trattamento per un professore dell’Oxfordshire, colpevole di aver detto “Ben fatto ragazze” a un gruppo di studentesse, tra le quali c’era una ragazza “si sentiva maschio”. Pochi giorni fa il Principe Carlo, erede al trono d’Inghilterra, è stato attaccato per aver visitato una chiesa solo perché il pastore qualche anno fa si era opposto ai matrimoni per persone dello stesso sesso. Ma c’è di peggio: bambini nei quali vengono riscontrati elementi di omosessualità, anche di 9 anni vengono sottoposti a trattamenti ormonali per ritardare la pubertà “perché così possono scegliere” ed eventualmente effettuare la cosiddetta “transizione” da un sesso all’altro. Si creano così artificialmente dei ragazzi anormali, che a 15-16 anni hanno caratteristiche sessuali di bambini. Uno studio ha affermato che il 90% dei bambini con queste caratteristiche non trattati con i blocca-pubertà, superata la pubertà accettano il loro sesso di nascita e vivono normalmente, mentre la grande maggioranza di quelli trattati accettano in seguito la “terapia ormonale” e infine gli interventi chirurgici per la “transizione”. Ecco alcuni estratti della descrizione di queste procedure pubblicata da un sito che le approva (onig.it: Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere): “Lo scopo della terapia ormonale è modificare i caratteri sessuali terziari (femminilizzare l’aspetto nelle MtF e mascolinizzarlo negli FtM), per quanto possibile, ed inibire manifestazioni fisiche proprie del sesso biologico di appartenenza (inibire/ridurre erezione ed eiaculazione, inibire il ciclo mestruale)… La terapia… continuerà poi per tutta la vita, anche dopo l’eventuale riconversione chirurgica…  la fase chirurgica prevede l’asportazione degli organi genitali primari e secondari (pene, testicoli, prostata per i maschi, vagina, utero e mammelle per le femmine – Nota), e la ricostruzione, in gradi diversi, di strutture fisiche somiglianti il più possibile agli organi sessuali secondari del sesso desiderato (neo-vagina, neo-pene).” Ovviamente queste azioni sono irreversibili e non creano vere donne o veri uomini, né veri nuovi organi sessuali, i quali sono anzi soggetti a problemi con il passare degli anni. Gli ormoni possono avere serie ripercussioni sulla salute e la stessa cosa vale anche per i farmaci blocca-pubertà, anche ripercussioni sul quoziente intelligenza e comportamentali. Altri problemi vengono creati per l’uso di bagni, spogliatoi e prigioni in base al “genere al quale uno sente di appartenere”, in quanto vengono denunciati molti episodi di stupro e molestie da parte di uomini che dicono di sentirsi donne a danno di donne vere (Tanto per fare un esempio, quest’ultima frase è da ritenere transfobica perché invita a discriminare tra donne-donne e uomini “che si sentono donne”; pertanto se il Ddl Zan diventa legge andrà rimossa per evitare il carcere a me o a chi gestisce il sito). In Canada due donne, già vittime di stupro, sono state espulse da una casa-rifugio perché non volevano condividere la stanza con un uomo “che si considerava donna”. Negli USA il presidente Biden ha firmato un decreto per obbligare le università a far gareggiare gli atleti con il “sesso al quale sentono di appartenere”, cosa che farà perdere la borsa di studio per meriti sportivi (frequente in America) a molte ragazze, sopraffatte da persone con muscoli e ossa, e spesso anche il resto del corpo, da maschi.        


Infine, senatore Malan, ci può chiarire la sua posizione come credente? Perché questa battaglia contro il ddl Zan ? Quale deve essere il ruolo della chiesa in questo momento?

Oltre a tutte queste motivazioni di carattere civile e costituzionale per un credente ci sono almeno altre due motivazioni in più. Una è che nella Bibbia, senza ombra di dubbio, l’omosessualità è qualificata come peccato, innanzitutto perché contraria a “Siate fecondi e moltiplicatevi” (Genesi 1:28) e poi “l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie” (Genesi 2:249, per poi passare alle chiare parole di condanna sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento. Quanto al transessualismo, non dimentichiamo “li creò maschio e femmina”, cosa che i cromosomi confermano in ciascuna dei miliardi di cellule del nostro corpo. Ora, il peccato è dappertutto e c’è molto altro peccato. Chi non è omosessuale non può certo pensare di essere senza peccato. Ma la celebrazione solenne del peccato – anche in talune chiese – è un segno particolarmente preoccupante. La seconda motivazione è la difesa della libertà religiosa. Sono numerosi gli episodi di predicatori arrestati per aver letto in pubblico, fuori da un edificio di culto, versetti come Romani 1:26-27 o I Corinzi 6:9-10. Con il Ddl Zan, nonostante l’articolo 4 dica che – bontà loro – “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni”, non si è al sicuro neppure in chiesa. Se un musicista evangelico che suona per feste e matrimoni viene a chiedere consiglio a un pastore sull’accettare o meno la richiesta di suonare per un “matrimonio gay” e il pastore si limita anche solo a leggergli quei brani biblici, il pastore può essere condannato per istigazione alla discriminazione perché lo stesso articolo 4 dice che quelle opinioni restano legittime “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori”. Ora è chiaro che “Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5:29). La libertà religiosa è anche un principio laico stabilito nella Costituzione e nella dichiarazione universale dei diritti umani, così come il diritto-dovere dei genitori di educare i figli secondo i propri principi.

Le Chiese possono fare sentire la propria voce con dichiarazioni ufficiali a difesa della propria libertà, a difesa dei bambini, a difesa della società. I singoli anche si possono far sentire scrivendo email a deputati e senatori. Al momento ne riceviamo a centinaia, tutte a favore della legge, con i soliti argomenti: “difendere i diritti delle persone discriminate” ecc. Noi abbiamo argomenti molto più forti, ma siamo emarginati dai mezzi di informazione, dominati invece dai nostri avversari. La verità, però, è più forte, la luce risplende nelle tenebre. Ma occorre qualcuno che la dica!

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