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La crescita e i suoi fantasmi

Quella che si è appena conclusa è stata una settimana dal mood opaco.

Il WSJ, in un pezzo uscito mercoledì, ha raccontato che i membri della FED starebbero cercando un accordo per cominciare a ridurre gli acquisti già da novembre e che nel prossimo meeting del 22 settembre si dovrebbe, per l’appunto, trovare la quadra. Ovviamente non si tratta di nulla di rivoluzionario in quanto la cosa era già risaputa ma al 22 settembre manca davvero poco e visto il tono utilizzato condizionale da Powell a Jackson Hole, forse le aspettative di un tapering a novembre hanno spazio per rafforzarsi sui mercati, che avevano trovato sollievo nei toni cauti del presidente FED.

Ma evidentemente non è stato solo questo che ha reso opaca la settimana. Anzi. C’è anzitutto la locomotiva USA che parrebbe ridurre il vigore di ripresa dopo le buone performance dei trimestri scorsi. Tutto ciò a differenza dell’Europa dove la crescita, ripartita più sottotono rispetto agli States, ha preso forza.

In Italia, ad esempio, l’Istat ha confermato che la produzione ha continuato a crescere a luglio, registrando un incremento dello 0,8% su mese e del 7% su anno, mentre la differenza rispetto al periodo pre-pandemia (febbraio 2020) fa registrare un +1,5%. Un andamento – sottolinea l’Istituto statistico nella Nota mensile – che fa quantificare la crescita del PIL al 2,7% nel secondo trimestre comportando un rialzo delle stime per i prossimi dati da parte degli analisti.

Tuttavia, lo spettro strozzature nei processi produttivi per la mancanza di semiconduttori, l’aumento del costo delle materie prime e la pazzesca dilazione dei tempi per l’arrivo della merce dall’estero (i fenomeni sono collegati tra loro), sta facendo davvero riflettere sul futuro della crescita globale e sull’inflazione.

Il Presidente di Confindustria, Bonomi, in merito all’incremento di prezzo delle materie prime ha riferito che si tratta di un problema che “in questo momento sta avvenendo un po’ in tutti i settori, ricordiamo sempre che l’Italia e’ un paese trasformatore, noi abbiamo fatto la nostra fortuna come industria trasformatrice quindi importiamo tutto”. “E’ ovvio che ci sono settori piu’ penalizzati attualmente, per esempio quello dell’automotive e vediamo che a causa della carenza di semiconduttori stiamo fermando degli impianti e sappiamo tutti quanto incide la filiera dell’automotive in Italia quindi ci sono settori in questo momento stanno soffrendo piu’ di altri pero’ tendenzialmente la mancanza e il rincaro delle materie prime colpisce proprio un po’ tutti i settori”, ha aggiunto Bonomi.

Intanto, in Russia la Banca centrale ha aumentato i tassi di riferimento di 25 punti base, portando così il costo del denaro al 6,75%. L’aumento è stato minore dalle attese della maggior parte degli analisti, ma rappresenta il quinto aumento consecutivo (dall’inizio dell’anno si è registrato un aumento di 250 punti base). La Bank of Russia continua a segnalare un’inflazione troppo alta e vede ulteriori aumenti dei tassi possibili nei prossimi meeting.

La banca centrale osserva che il contributo dei fattori che spingono l’inflazione al rialzo rimane considerevole, “sulla scia di una crescita più rapida della domanda rispetto alla capacità di espansione della produzione”. In questo contesto, “il saldo dei rischi per l’inflazione è inclinato al rialzo”. Ciò può determinare una deviazione più sostenuta dell’inflazione dall’obiettivo di avere l’aumento dei prezzi al consumo al 4%. “Se la situazione si svilupperà in linea con le previsioni di base, la Banca di Russia tiene aperta la prospettiva di ulteriori rialzi dei tassi di riferimento nelle sue prossime riunioni”, viene sottolineato.

Buona domenica e buon caffè!

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Scritto da Vincenzo Lettieri

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