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Tazzulella con Derek Castiglioni

“Mi piace rendere possibile un’idea attraverso un progetto ben realizzato e duraturo nel tempo”. Lui è Derek Castiglioni, varesino di nascita e milanese d’adozione e ispirazione. È un outdoor space designer. “Creo spazi verdi, sia interni che esterni. E ciò non si limita all’esclusiva scelta di piante, ma anche allo studio degli spazi e dei materiali”.

Si laurea al Politecnico di Milano alla facoltà di architettura e al termine degli studi va a vivere per un breve periodo di tempo in Australia dove si dedica in modo predominante allo studio dell’urban design alla UWA che sancirà l’inizio del suo percorso fatto di emozione, passione e creatività nel Bel Paese.

Dapprima sviluppa il vivaio di famiglia e poi intraprende, parallelamente, il proprio percorso di designer collaborando con prestigiosi studi di architettura e design in giro per il mondo.

Ha creato spazi per Santoni, Stella McCartney, Dolce&Gabbana, La Tiara di Porto Cervo e così via. Durante EXPO 2015 ha ideato, realizzato e curato lo spazio verde e non solo per i padiglioni di Colombia e Russia.

Le sue collezioni sono: Supernova, Aquiloni, Roma, Pois e Outdoor Fabrics. Sono pensate e realizzate per allietare la vista e nutrire di comfort il corpo di clienti di tutto il mondo a partire da Stati Uniti ed Emirati Arabi che vengono a contatto con le sue collezioni nelle Gallerie internazionali.

Ha una compagna, Francesca, ama viaggiare e progettare. Le piante non sono la sua unica passione. Ci sono anche i cani e la corsa.

Derek Castiglioni, da dove nasce la sua ispirazione?

La mia ispirazione nasce da due aspetti ben definiti: un primo, interiore e personale, e un secondo più fisico ed oggettivo. Quando parlo di un aspetto interiore mi riferisco a tutte quelle sensazioni che il luogo o l’oggetto da crearsi scaturiscono in me fondendosi con la mia storia di ieri e di oggi. Spesso questo aspetto rievoca dentro me ricordi di viaggi o sensazioni fanciullesche. Al contempo l’aspetto che io definisco più oggettivo è la sintesi di un approccio più accademico che nasce dai miei studi in architettura e dalla mia passione per i grandi maestri del passato come Gio Ponti, Nanda Vigo, Carlo Mollino e molti altri.

Quando immagina un nuovo progetto da realizzare da cosa parte? Dal suo gusto, dalle tendenze, dal tempo che arriva fino alle generazioni future oppure dal verde delle piante, il suo primo amore?

Probabilmente l’approccio più comune per chi fa il “paesaggista” sarebbe partire dalla pianta. Utilizzo le virgolette perché non mi sento pienamente rappresentato da questo termine. Il mio percorso per arrivare a ciò che faccio oggi non è stato di quelli tradizionali e sarà quindi per questo motivo che la pianta non è il mio punto di partenza. Il progetto nasce sempre dall’architettura, ancor prima del verde viene lo spazio o l’oggetto, la sua funzione pratica. La pianta è importante. Si potrebbe definire come l’aspetto poetico di un progetto. È come se fosse la lirica di una canzone e una canzone non si potrebbe definire bella se non avesse alla base un musica ben fatta: l’architettura.

Quali sono i segni distintivi del suo stile?

Penso che nel mio stile, anche ad occhi non così esperti, traspaia un legame con il passato. Nonostante i miei progetti e i miei oggetti siano sempre rivolti al presente e al futuro, trovo importante che questi nascano dal ben fatto del passato, quasi come se ognuno di essi potesse essere una testimonianza e un racconto di un percorso mio e di chi mi ha preceduto.

Quali sono le contaminazioni che predilige?

Non vi sono contaminazioni che prediligo. Possono provenire da qualsiasi parte. Esiste certamente un mondo che guardo con interesse che è quello della moda. L’espressione e la ricerca creativa del mondo della moda penso siano fortemente stimolanti e interessanti. Non a caso negli ultimi anni il design e la moda stanno sviluppando importanti sinergie.

Che materiali predilige e quale sarà quello del futuro?

Prediligo materiali metallici. Lavorando spesso in esterno necessito di materiali che garantiscano una lunga durata nel tempo. Cerco poi di spaziare il più possibile con l’utilizzo di  materiali derivanti da lavorazioni sostenibili per l’ambiente o di riciclo. Per il futuro penso che  materiali riciclati e riciclabili la faranno da padrone e chissà che non vedremo anche qualche materiale altamente tecnologico.

Come interpreta la sostenibilità con i suoi progetti?

Io penso che già il fatto di progettare spazi verdi, sia un modo di favorire in modo concreto e tangibile un mondo sostenibile. Se poi questo viene fatto anche con l’utilizzo di materiali buoni per l’ambiente penso che il green deal sia rispettato.

In quali Gallerie sono esposti i suoi lavori?

Attualmente, a causa della pandemia, le esposizioni in giro per il mondo purtroppo stanno subendo dei rallentamenti. Sono stato esposto fino a prima del primo lockdown a Los Angeles e sono in attesa di avere alcuni miei pezzi esposti a Doha. Nel frattempo però diversi dei miei pezzi sono esposti nella galleria Nilufar di Milano, un’ importante galleria internazionale con la quale collaboro da tempo.

Con quali Paesi lavora di più?

Se parliamo di progetti di spazi o allestimenti, sicuramente l’Italia (il nord soprattutto) è il mio mercato principale. Ho lavorato anche a Doha, Miami e in altre importati città del mondo. Per quanto riguarda i miei pezzi di arredo i mercati dai quali ho più richieste sono gli Stati Uniti e la Germania.

Il progetto che ha realizzato e a cui è più legato?

Non saprei dirne uno in particolare, essendo tutti nati da un mia personale sensazione e avendomi tutti insegnato qualcosa e lasciato un segno. Forse tra gli ultimi terminati, “Casa Werz” con la collezione di vasi studiata appositamente per questo progetto è stato tra i più stimolanti. Si trattava di creare un giardino all’interno di un appartamento milanese, ovviamente con il vincolo di utilizzare poche piante ma che riuscissero a dare l’idea di un giardino. Per questo progetto tutto si è giocato sulle prospettive: veramente poche piante che, nonostante fossero posizionate in differenti spazi, tramite un gioco di prospettive creassero delle sovrapposizioni ottiche tali da aumentare la percezione del verde all’interno dello spazio, creando così una sorta di giardino.

E uno dei prossimi?

Sto lavorando a diversi progetti nell’ambito privato. La dimensione privata è sempre stimolante perché non c’è sfida più grande che progettare spazi in cui le persone vivono la loro intimità.

L’artista o designer che collezionerebbe se potesse?

Potrei iniziare ora un elenco e non finirlo mai. Il bello riempie gli occhi ma soprattutto il cuore e di artisti che hanno fatto cose strabilianti nel corso della storia ce ne sono veramente tanti. Ma se  dovessi sceglierne uno indicherei un pezzo o un opera di Carlo Mollino. La mia scelta ricadrebbe su Mollino non tanto per l’estetica delle sue opere, forse da quel punto di vista potremmo trovare chi superiore a lui, ma per ciò che rappresenta per me. È stato un personaggio a tutto tondo, ha progettato il teatro regio di Torino, allo stesso tempo alcuni pezzi di design, auto, la sua casa e il significato dietro ad essa ha dell’incredibile. Insomma, è stato uno che ha sviluppato al massimo livello la sua creatività in ambiti più disparati. Questo suo essere così poliedrico è sempre stato ciò che ho visto come mio obiettivo primario, il mio scopo e desiderio.

Lei vive a Milano con Francesca, la sua compagna, che si occupa di digital communication per brand della ristorazione italiana, e non solo, molto rinomati. I vostri percorsi lavorativi si incrociano mai?

Al momento non ci sono state ancora le giuste occasioni. Ho un importante occhio di riguardo per il suo lavoro. Oggi l’aspetto digitale ha un forte impatto in tutti i campi, compreso il design.

Dove vivrebbe se non vivesse a Milano?

Milano oggi rimane ancora un ottimo posto per vivere. La sua dimensione a portata d’uomo è una cosa difficilmente ritrovabile in altre importanti  città del mondo. Inoltre Milano rimane ancora la capitale mondiale del design e questo è un ulteriore motivo per cui rimane una città di opportunità per chi come me vive il mondo creativo.

Quanto è importante la presenza di spazi verdi nelle città?

Direi che sono fondamentali e mai sufficienti, a patto che siano ben gestiti. Penso che sia ora di incrementare lo sviluppo del verde in copertura e di riqualificare i molteplici spazi dismessi delle nostre città con architetture dal forte impatto green. In questo senso Milano sta già facendo molto. Un bel progetto patrocinato dal comune è “forestami”: un progetto che si pone l’obbiettivo di piantumare alberi nell’area metropolitana per abbattere l’inquinamento. L’auspicio è che sempre più città si muovano in questa direzione.

Da cosa bisognerebbe partire per incrementarne la presenza?

Tutto deve partire dalle istituzioni. I privati devono fare la loro parte ma il supporto delle istituzioni è fondamentale. Andrebbe considerata l’opportunità di dare sgravi fiscali a quei cittadini che investono in spazi verdi. È la base e per certi aspetti già esistono ma non sono sufficienti. Bisognerebbe rendere il processo burocratico semplice e anche incrementare le iniziative partecipate tra  cittadine e istituzioni.

Lei viaggia molto, per piacere e per lavoro. Il miglior ricordo che ha portato a casa da un viaggio?

I viaggi sono sempre stata una delle mie passioni e sarebbe riduttivo individuare un unico ricordo. Credo fortemente che i viaggi lascino sempre un qualcosa, sono in grado di arricchire il proprio bagaglio di conoscenza ed emozionale come poche cose al mondo. Non vi è posto al mondo che non ti lasci dentro un qualcosa.

Quando riprenderà la possibilità di viaggiare, dove andrà?

Vorrei tanto tornare in oriente e mi piacerebbe poter visitare la Corea. Di questa mi affascina lo sviluppo tecnologico prorompente in contrasto,  forse, con il loro aspetto caratteriale per tradizione più riservato.

Quanto le manca il Salone del Mobile?

Manca molto e non tanto per l’aspetto mio professionale. Infatti, non è mai stato così vincolante per la mia stagione. Ho spesso preferito vie alternative per le mie esposizioni. Manca nella speranza. Riaverlo presto sarebbe come sancire un ritorno alla vita, sia dal punto di vista economico che socio-sanitario.

Esiste un mercato luxury per il mondo botanico?

Si, esiste un mercato luxury, non tanto per quanto riguarda la pianta in sè, ma più che altro per tutto quello che concerne l’arredo. Come in molti settori vi è una parte di clientela agiata che desidera che le proprie residenze e non solo abbiano arredi esclusivi, fatti con materiali di prima qualità e con fattura artigianale. Per quanto riguarda l’outdoor, il luxury è ancora una piccola nicchia ma il mercato sta crescendo molto e anche inaspettatamente in mercati meno emergenti di altri come quello europeo.

Le quarantene hanno spinto al rialzo la voglia di più spazio all’interno e all’esterno delle abitazioni. Crede che la tendenza sarà destinata a proseguire nel lungo periodo?

Analisi autorevoli testimoniano come questa tendenza e propensione alla ricerca di un abitazione con spazi esterni o addirittura fuori dai centri cittadini fosse già in atto prima della pandemia. Quest’ultima è stata solo un forte acceleratore del fenomeno e tutto fa pensare che questa tendenza proseguirà anche sul lungo periodo. Analizziamo le nuove generazioni e i temi ai quali rivolgono l’interesse: tra questi, l’ambiente e la natura ricoprono i primi posti. Questo mi porta a pensare che in futuro vi sarà sempre più la ricerca di una connessione tra uomo e natura e che l’abitare cambierà parecchio rispetto a questi ultimi anni. Vi saranno probabilmente città più verdi e forse una maggior distribuzione sul territorio della popolazione piuttosto che una forte concentrazione in centri urbani.

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