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Lucio Malan: “Massima prudenza per le chiese ma riscopriamo la forza della preghiera in famiglia”

Quale deve essere l’atteggiamento degli evangelici nei confronti di questa emergenza nazionale ?

Il coronavirus ha colpito anche la vita religiosa e spirituale degli Italiani. Molte chiese evangeliche non sanno come interpretare alcuni passaggi dei decreti della presidenza del consiglio. 

Ci si può riunire ? Si possono svolgere le funzioni religiose ? 

Per cercare di capirne di più abbiamo intervistato il senatore Lucio Malan, che ben conosce il mondo evangelico italiano ma sopratutto sta seguendo da vicino questa emergenza nazionale. 

Senatore Malan, ci dica prima di tutto la situazione a livello nazionale: ci avviamo davvero verso una situazione così grave per il nostro paese ? Pensa che il governo stia agendo bene ?

La situazione è sicuramente un’emergenza seria. Da oltre due settimane i contagiati raddoppiano ogni meno di tre giorni. Se nei prossimi dieci giorni i contagi aumentano come negli ultimi dieci, il 18 marzo avremo circa 80mila contagiati, più o meno come la Cina oggi. Questo significherebbe circa ottomila persone in necessità di terapia intensiva, cioè oltre i posti disponibili, visto che indipendentemente dal Coronavirus, molti altri malati ne hanno comunque bisogno. (Mi sono basato unicamente su cifre ufficiali, non su previsioni allarmistiche o ottimistiche). Che succederebbe a fine mese e dopo? È molto verosimile, ma non certo, che la stagione calda farà calare fortemente l’attività del virus, mentre in Israele e altri paesi si lavora a un vaccino, che comunque, nella migliore delle ipotesi, non sarà disponibile prima di qualche mese.

Di qui la necessità di rallentare il più possibile l’epidemia. Governo nazionale, presidenti di regione e sindaci si stanno dando da fare a questo fine. Ci sono stati sicuramente errori, esitazioni, contraddizioni, fughe di notizie del tutto inopportune nei provvedimenti di Governo. Come senatore di opposizione potrei dilungarmi nelle critiche, ma va detto che è un’emergenza potenzialmente senza precedenti dopo la Seconda Guerra Mondiale e nessun governo nel mondo ha trovato fino ad ora misure totalmente efficaci. E va anche detto che ogni provvedimento è inutile quando ci sono comportamenti individuali irresponsabili, come le migliaia di persone che partono dalla Lombardia per andare nel Sud Italia, i “furbi” che vanno in giro anche se hanno i sintomi del virus, i ragazzi che – essendo le scuole chiuse – si assiepano nei centri commerciali o in sciagurate feste private. 

I decreti della presidenza del consiglio stanno, di giorno in giorno, aumentando le misure restrittive. Queste norme riguardano anche le chiese evangeliche. Pensa sia giusto attenersi? Quale appello vuole rivolgere alla chiesa evangelica? 

I decreti del governo purtroppo mancano di chiarezza. Quello di oggi 8 marzo prevede la stessa disciplina per la “zona rossa” (Lombardia e province di Alessandria, Asti, Modena, Novara, Padova, Parma, Pesaro e Urbino, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Treviso, Venezia, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli), e per tutto il resto d’Italia: “l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure  organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro” e “sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. Poiché il modello in Italia è sempre quello cattolico, va chiarito che “l’apertura dei luoghi di culto” significa che si può, con cautela, lasciare entrare chi vuole andare lì “per pregare”, ma è escluso qualsiasi evento organizzato: messe, culti, battesimi, matrimoni, funerali e così via. 

Credo sia giusto, ragionevole e opportuno rispettare queste disposizioni, per quanto doloroso. Teniamo presente che ciascuno di noi è potenziale infettato, ma soprattutto potenziale infettatore, innanzitutto per chi è in casa con noi, e poi per tutti coloro cui ci avviciniamo. Sappiamo bene che non ci sono “luoghi sacri” e che si può pregare dovunque, e tuttavia è importante la compresenza fisica di fratelli e sorelle per lodare il Signore.

Ma – data l’emergenza – per qualche settimana dovremo usare altri mezzi. Anche in tempi normali, non portiamo al culto un malato dall’ospedale o un influenzato da casa sua. Oggi il pericolo è lo stesso anche per chi al momento sta bene. Per qualche settimana dovremo usare altri mezzi che non il culto pubblico comune: la preghiera e la lettura biblica individuali e di famiglia, la radio. E naturalmente saranno anche possibili culti via internet in tempo reale, così come istruzione per i piccoli e studi biblici. 

Ricordiamo l’esempio negativo del pur bene intenzionato cardinale Federico Borromeo, personaggio storico reale incluso nei Promessi Sposi, che, di fronte al diffondersi della peste a Milano, l’11 giugno 1630 pensò bene di promuovere una solenne processione cui parteciparono pressoché tutti quelli che in città erano in grado di reggersi in piedi e che ovviamente fu uno strumento efficacissimo di diffusione del morbo.


Dobbiamo aspettarci altri decreti ancora più severi nelle prossime ore? 

È certamente possibile. La situazione è in continua evoluzione.

Infine: essendo un credente, quale messaggio si sente di condividere con tutti gli evangelici italiani?

Questa emergenza è, come tutte le prove che Dio ci manda, un’occasione per umiliarci davanti a Lui e ricordarci della nostra piccolezza e della nostra fragilità. Senza di Lui, anche i grandi uomini, i più potenti governi, i moderni ritrovati della scienza possono assai poco. Può anche essere un’opportunità per ritornare al culto o alla semplice lettura biblica di famiglia. Sappiamo che il Popolo di Dio dell’Antico Testamento trasmetteva la fede in questo modo. Il tabernacolo, il tempio e le sinagoghe erano luoghi per le cerimonie o l’istruzione pubblica, ma uno ci andava perché in casa gli era stata trasmessa la fede.

Ad esempio: “Quanto a me e alla mia casa, serviremo l’Eterno» (Giosuè 24:15) e tutta l’istituzione della Pasqua in Esodo 12:24-26 “Quando i vostri figli vi chiederanno…”. Tutt’ora gli ebrei celebrano il Sabato e la Pasqua innanzitutto in casa. Il ruolo dei pastori sarà per certi versi anche più importante: la loro guida e il loro aiuto – per telefono, per internet – alle famiglie e agli individui in questo passaggio sarà particolarmente apprezzato. Quando tutto sarà passato sarà maggiore gioia ritrovarsi insieme. 

Dovremo anche essere teologicamente pronti rispetto a chi dirà: “Perché Dio permette ciò?”. Anche per questo, lo studio e la preghiera saranno le armi decisive, nella certezza che “che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio” (Romani 8:28).      

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Scritto da Alessandro Iovino

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