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2019, vedi alla voce finanza

Il 2019 nel settore finanziario

Immaginando tutto quello che è accaduto nel 2019 sui mercati finanziari, se dovessi scegliere una canzone che per ritmo possa meglio delle altre descrivere il loro andamento e le sensazioni trasmesse sceglierei senza alcun dubbio “Maniac” di Michael Sembello, resa anche e soprattutto famosa dal film Flashdance di Adrian Lyne (1983).

Lo scorso anno, in questo periodo, assistevamo a una riduzione importante degli indici azionari di quasi tutto il mondo. Si era sicuri che un’altra recessione (magari di minor impatto rispetto a quella di ormai oltre 10 anni fa) fosse alle porte e che dopo le vacanze natalizie sarebbero cominciati i guai, quelli veri. Moltissime incognite trovavano spazio sui giornali nel mese di dicembre 2018 e alimentavano diversi dibattiti tra esperti su quelli che sarebbero potuti essere gli impatti di una trade war tra Stati Uniti e Cina, di una Brexit i cui contorni erano ancora da definire negli approcci di dialogo con l’Unione Europea, i populismi e i sovranismi che avanzavano sempre più in mezzo mondo (oggi il tema è ancora presente nello scenario politico mondiale) e i driver di una nuova rivoluzione industriale caratterizzata dalle sfide poste dalla digitalizzazione delle fabbriche e dall’elettrico nell’automotive.

All’indomani della Vigilia di Natale del 2018, che segnò il punto più basso di quel periodo per le azioni di mezzo mondo, le cose sono andate meglio e con una forza che possiamo definire senza problemi inaspettata, almeno con la veemenza con cui si è manifestata nei primi mesi del 2019.

Provando a giocare con i numeri, nel corso di quest’anno l’S&P 500 è cresciuto del 28,5%, il Dow Jones del 22%, il Nasdaq del 34,5%, Shanghai ha fatto segnare un +20,5%, la borsa di Tokyo +19%, il FTSE 100 (Londra) 12,7%, l’area Euro +25,8%, Parigi +27,3%, il DAX tedesco +26,1%, Milano +30,9%, Madrid + 13,3% e la Federazione Russa + 42,6%.

Cosa è successo di così importante che può giustificare percentuali del genere considerando le premesse di fine 2018 e che le grandi questioni non sono ancora state risolte e che, sotto molti aspetti, non siamo ancora sulla via per risolverle? 

Se si mettono da parte le politiche delle Banche Centrali, i dati macroeconomici di alcuni Paesi (a cominciare dagli USA) e i risultati economici di molte aziende, possiamo tranquillamente dire che non c’è stato molto tale per cui queste percentuali possano essere credibilmente giustificate. Per carità, quanto menzionato basta e avanza per condurre l’economia su sentieri di crescita. Ma addirittura su questi livelli di crescita?

Questo appena trascorso è stato infatti un anno che potremmo definire di transizione. Si stanno prendendo le misure e forse proprio per questo la finanza è cresciuta in maniera imponente. Gli impegni che ci si aspettava venissero presi o mantenuti quest’anno sono stati tutti rimandati ai prossimi anni, a cominciare dal 2020 (ne vedremo delle belle dalla primavera in poi, in crescendo), e forse questo ha alimentato gli entusiasmi. Vedi alla voce dazi, Brexit, nuove elezioni.

Cosa dovremmo aspettarci per il 2020? Molti esperti ritengono che il nuovo anno continuerà ad essere di crescita. Tuttavia le tematiche da tener in considerazione sono tante: questo eccesso di fiducia che alberga nei mercati avrà ancora vita considerando che in molte parti del mondo, tra cui l’Italia, si sta assistendo alla perdita di colpi del manifatturiero, alla sfide colossali che segneranno il futuro dell’automotive e di tutta la componentistica, alla riduzione del commercio internazionale, alla polarizzazione della politica, a Paesi che devono fare i conti con un debito elevato e lo stesso riguarda le aziende i cui margini inoltre si assottigliano sempre più e così via?

I mercati sono cresciuti molto è vero. Questa crescita però li rende più vulnerabili e quando si è vulnerabili le notizie negative fanno molto danno.

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Scritto da Vincenzo Lettieri

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