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Coronavirus: La parola al Prof. Antonio Giordano (USA)

Intervista ad Antonio Giordano

Antonio Giordano sa di quel che parla. E’ stato riconosciuto come una delle 100 eccellenze italiane mediche nella diagnosi e cura del cancro polmonare. E sappiamo che questo maledetto Covid-19, toglie letteralmente il respiro alle persone in fase terminale, proprio come avviene nei malati di cancro ai polmoni. 

Direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, della Temple University di Philadelphia, Antonio Giordano ha speso una vita per la ricerca sul campo. Accademico di fama internazionale, non ha mai abbandonato il legame con la sua terra , anzi. Nonostante vive e lavora negli USA, si trova spesso a Napoli. 

E’ stato insignito a New York nel 2019 del prestigioso Premio Cristoforo Colombo, per i preziosi risultati ottenuti nel campo della ricerca oncologica. 

Attualmente si trova con la sua famiglia negli Stati Uniti a Philadelphia. Abbiamo interpellato il direttore dello Sbarro Institute per alcune domande. 

Professor Giordano prima di tutto ci dica: come va negli USA? La task force guidata dal vicepresidente Mike Pence, ha adottato le giuste misure per fronteggiare questo virus? 

Il coronavirus ha ormai colpito tutti i 50 Stati americani, la pandemia si è estesa all’intero territorio statunitense e anche l’America sta cercando di contenere l’epidemia di coronavirus attuando ampie restrizioni su ogni aspetto della vita pubblica, adottando misure drastiche e ponendo una stretta a livello federale. L ‘amministrazione Trump sta valutando una proposta di intervento di circa 850 miliardi di dollari per un sostegno diretto ai cittadini e all’economia. L’epidemia sta mettendo a nudo i limiti di un sistema sanitario privatistico; di certo, per fronteggiare la peggiore crisi sanitaria globale del secolo, si sono rivelati dannosi anni di tagli ai programmi di salute pubblica, decisi per salvaguardare i conti pubblici. 

Cosa prevede per gli USA? Saranno anche loro colpiti da una velocità di contagio come in Europa ? 

Ad oggi, nel mondo contiamo più di 200mila casi ed oltre 8mila morti. Il numero di casi di coronavirus negli Usa ha superato quota 6.000 e il bilancio delle vittime è arrivato a 118, un numero che, quasi certamente, continuera’ ad aumentare, così come sta accadendo in Europa.

L’America cosi come altri Paesi in cui il contagio da COVID-19 è arrivato da poco, puo’ sapere con un possibile ma non rilevante margine di errore, cosa puo’ aspettarsi nei prossimi giorni e, quindi, prepararsi con un certo anticipo ad affrontare la situazione. Per limitare al massimo la propagazione dell’infezione bisogna attuare subito concrete e significative misure di contenimento. Questo e’ un dovere per tutelare la propria salute e quella degli altri, soprattutto dei più fragili. In una pandemia quello che ci deve preoccupare non è la letalità, ma la velocità di diffusione dei casi e la quota di casi che necessitano di assistenza. 

Qualche settimana fa ha dichiarato di essere favorevole alle misure intraprese dal governo italiano. Ma ha pure detto di essere critico nei confronti di ogni forma di allarmismo. E’ ancora su questa linea ? 

Le armi a disposizione in questa fase della pandemia sono essenzialmente due: diagnosi precoci e misure di distanziamento sociale. La possibilità di diagnosticare velocemente le persone con COVID-19 è importante per poter rintracciare i contatti più stretti di chi si è rivelato positivo ed isolarlo prima che, se contagiati a loro volta, possano contribuire a propagare ulteriormente l’infezione. Le misure volte a ridurre la socialità servono a contrastare anch’esse il diffondersi del virus, specialmente considerando che è concreta la possibilità di contagio ad opera di soggetti asintomatici o pre-sintomatici. La disinformazione che si unisce alla preoccupazione di tutti i cittadini, determina risultati spesso deleteri. Non si contano ormai le fake news che ogni giorno intasano chat e social sull’emergenza sanitaria più grave degli ultimi anni. Bisogna seguire esclusivamente le indicazioni degli esperti e fare riferimento ai dati divulgati dalla rete istituzionale.

Ha assistito alla “querelle” in TV tra il prof. Ascierto ed il prof. Galli? 

Che idea si è fatto? A favore di chi si schiera e soprattutto cosa pensa di questo farmaco… 

È una brutta pagina di storia contemporanea, ho trovato di cattivo gusto l’intervento del prof. Galli che si è sentito in diritto di fare delle precisazioni su chi aveva iniziato per primo la cura; in questa fase, non è importante il primato, ne’ deve essere una lotta tra nord e sud. Il prof. Ascierto ha sempre specificato che non si tratta di una scoperta scientifica e che la terapia era stata seguita con successo in precedenza in Cina. Vorrei ricordare che la Scienza è condivisione, quindi il team napoletano ha comunicato a tutti, perche’ a tutti i pazienti fosse data la possibilita’ di poter utilizzare questo protocollo sperimentale in un momento di grande difficoltà.

Professore, ci dica, cosa dobbiamo veramente temere di questo virus ? 

Il virus è completamente nuovo per la popolazione mondiale e questo significa non solo che nessuno è protetto, ma soprattutto che tutte quelle fasce di popolazione a rischio, che si proteggono normalmente attraverso il vaccino anti-influenzale, non hanno alcuna protezione nei suoi confronti.

Inoltre, il virus è sconosciuto anche  alla scienza: al momento non ci sono dati definitivi, ne’ abbiamo conoscenza rispetto alla possibilità di infettarsi nuovamente o di generare, invece, un’immunità a lungo termine..

Come sta vivendo questi giorni a Philadelphia ?

Tanti anni fa il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt ebbe a dire che: “l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura, è la paura stessa”. La rassicurazione che posso dare è che ne usciremo come in passato siamo usciti da altri eventi pandemici. Il percorso per uscirne e’ lungo e impone a tutti noi di seguire le indicazioni e gli obblighi che il Governo sta aggiornando di giorno in giorno.

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Scritto da Alessandro Iovino

Con zucchero? Senza, grazie. Ma dammi quella “zeppola” che ieri è stata dura.

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